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Nome*: |
Milena |
Messaggio*: |
Il mio
commento è nella pagina recensioni |
Nome*: |
Laura |
Messaggio*: |
Questo libro
è un vero invito, uno stimolo per partire per un viaggio
letterario sorprendente. In questo libro provi ogni sorta di
emozione: ridi, ti commuovi, rifletti.
Riesci ad entrare nel mondo dello scrittore, è lui a
permettertelo, con la narrazione stile “diario” della
storia vera di un padre, Un Padre Speciale,
L’autore
affronta tanti argomenti, anche spinosi come la fede o la
sessualità nel mondo disabile. Al lettore offre le sue
esperienze di vita private, quotidiane, a volte negative, a
volte gioiose ed ironiche e lo scopo si raggiunge facilmente:
grazie a questo straordinario dono di saper scrivere in modo
da suscitare fortissime emozioni, ti porta a riflettere su
argomenti davvero difficili da trattare come le difficoltà
dell’integrazione, come ci si pone verso le persone disabili,
l’accettazione, il rispetto e l’autonomia. Il suo modo di
scrivere riesce a farti entrare nei suoi pensieri, nei suoi
sentimenti, diventando parte di essi.
Ottima
l’idea del “Pensatoio”, spunto di riflessione tra i
vari capitoli, accompagnato dall’”AbbeceDario (s)ragionato
sulla sindrome di Down e la disabilità in genere”, che
ci aiuta a capire anche in modo a volte scherzoso, il mondo
delle persone disabili. Si procede tra i diversi episodi
con una scorrevolezza che ti porta ad attraversare un
percorso pieno di aspetti profondi della vita, davvero
toccante, senza dubbio difficile ma che ti stimola, ti fa
pensare ma soprattutto ti fa capire. |
Nome*: |
Rossella |
Messaggio*: |
490 pag... ma ne è valsa la pena! Ho
finito di leggere uno splendido libro. Ora è parte di me... |
Nome*: |
Maria
Cristina |
Messaggio*: |
Ho ricevuto la mail con la pubblicità
del libro e, da mamma di una ragazza Down, ho pensato
leggendo le prime righe "accidenti...due!" poi proseguendo
la lettura ho pensato "...ma che bello!" Leggerò il libro
senza dubbio e lo divulgherò. Intanto una domanda, se posso,
l'abbeceDario è stupendo perchè disincantato e vero, mi
piacerebbe poterlo inserire nel sito della nostra
associazione www.centro21rimini.org, posso?
Attendo una vostra risposta.
Grazie mille ma una mamma molto grata! |
Nome*: |
Centro21, Riccione |
Messaggio*: |
Ci
ritroviamo appieno nel testo dell'AbbeceDario che abbiamo
proposto a tutti i visitatori del nostro sito perchè
descrive la nostra esperienza quotidiana con disincantata
dolcezza |
Nome*: |
Cheru |
Messaggio*: |
Sto leggendo il libro: intenso,
schietto, efficace, preciso, pieno di affetto |
Nome*: |
Claudio e Rosy |
Messaggio*: |
Le prime pagine le abbiamo
lette durante una serata meravigliosa [di fine anno] quelle
poche frasi lette, hanno coperto il mondo di festa che ci
circondava rubandoci un sorriso ma anche una lacrima d'amore. |
Nome*: |
S. |
Messaggio*: |
Ho
appena finito di leggere il libro.
"Cavoli"
:D
A parte
gli scherzi, è stato bellissimo leggerlo.
Ho
impiegato pochissimo tempo per leggere "quel mattone" come
lo definisce mia figlia, lei abituata a scuola a prendere da
leggere sempre quelli più sottili....
Non è
comunque da me, che non amo leggere, finire un libro in così
poco tempo, doveva essere proprio avvincente...
Il tuo
libro è stato un compagno di vita, anche se solo per un paio
di settimane. Mi dispiace averlo finito. Mi ha fatto
sorridere, vivere con più allegria queste vacanze, e nello
stesso tempo versare qualche lacrima.
Il tuo
modo di scrivere mi piace molto, e se dovessi fare una
recensione sarebbe identica a quella scritta da Milena. La
penso esattamente come lei.
La tua
gioia di vivere, perchè secondo me tu l'hai dentro, ha
contagiato i tuoi figli e non potevi fare loro regalo
migliore per la vita.
Non sono
molto brava con le parole, non so cosa altro dire, solo che
è il libro più bello che abbia mai letto. |
Nome*: |
prof. Lascioli |
Messaggio*: |
Spero che la sua iniziativa editoriale possa
trovare massima diffusione, come quella di tutti coloro che
credono che disabilità non significhi semi-umanità (esemplare
di tale degenerazione è il nome Quasimodo utilizzato da Hugo
per il suo personaggio). Un caro saluto
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Nome*: |
Marinella |
Messaggio*: |
La narrazione è originale, da essa
scaturisce un quadro di una normale famiglia con tutti gli
impegni quotidiani a cui si aggiungono le problematiche "speciali"
relative alla "diversità" di due componenti. Nel vissuto
della "normalità" Alessandro Mosconi dà un colore che
diverte nelle avventure e nelle disavventure quotidiane.(Un
Marcovaldo?) Quando entra nel vissuto della "diversità" la
narrazione rimane ricca di ironia, ma porta sempre a
riflessioni. Esse, pur essendo personali dell'Autore che ci
apre il suo cuore e la sua mente, sono di stimolo al lettore
per analizzare i tanti temi con cui ci confrontiamo ogni
giorno. La madre Paola è "offuscata" dalla grande
personalità del padre narratore, ma è rispettata e capita
nel suo ruolo di donna e di madre. E' una testimonianza a
cui molti uomini dovrebbero attingere per riflettere che in
qualsiasi percorso con i figli le responsabilità vanno
equamente condivise. Ho scelto di leggere questo libro per
l'argomento trattato, perchè in seconda persona sono
coinvolta nel tema della disabilità; ma è sicuramente un
libro utile per tutti i genitori che, nella normalità della
loro vita e dei loro figli, credono che i problemi che
vivono siano tragici. Anzichè tentare di risolverli si
crogliolano nel dolore e nella lamentazione. Il filo del
loro aquilone si attorciglia e a quel punto è difficile
districare i nodi. Lo scopo che l'Autore si è prefisso "...invitarvi
a riflettere un poco...ma soprattutto a sorridere,
gioiosamente... o a volte anche amaramente di noi e dei
nostri figli...e, se ne abbiamo voglia di farlo insieme a
loro." è riuscito alla grande...almeno per me. |
Nome*: |
Francesca |
Messaggio*: |
Ho
appena finito il libro e onestamente il primo commento
che mi viene da scrivere non è tanto cavoli, ma grazie.
Grazie
inanzitutto per la condivisione di un pò del tuo vissuto
e quindi di te. I pensieri e le emozioni suscitati sono
molti. Mi ha fatto riflettere, su tematiche che mi sono
sempre state a cuore e che, nella corsa di tutti i
giorni, si dimenticano poichè a noi distanti (perlomeno
apparentemente) me le ha fatte sentire meno distanti. Mi
ha divertito, mi ha rattristato e a volte contrariato,
mi ha insegnato cose che ignoravo. Mi ha dato
l'opportunità di rallentare, una volta tornata a casa di
sera, e osservare le mie splendide bimbe con infinita
tenerezza e amore. Ritengo molto importante essere
consapevoli di ciò che si ha e imparare ad apprezzarlo.
Cerco di trasmetterlo sempre anche alle piccole..ma non
è mai abbastanza e questo libro mi ha rinfrescato la
memoria. Mi ha fatto venire anche invidia.. leggendo del
viaggio in Croazia, dato che quest'estate ci abbiamo
provato anche noi con tappa a Mostar, dove mio marito portava
materiale durante la guerra. Ci hanno bloccato ad Ancona
per irregolarità nei documenti delle bambine (nostra
disattenzione) e abbiamo dirottato la tenda in Grecia.
Tante altre cose, ma mi fermo qui. A questo punto, mi
sono affezionata a Simone, Dario e Marialetizia...
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Nome*: |
Cristina |
Messaggio*: |
Ho letto il tuo libro tutto d’un
fiato, è molto coinvolgente, a partire dal ricordo di
Ludovico.
Racconti e ci fai partecipi della vostra vita in un modo
veramente sincero, ironico, che fa riflettere.
Lavoro da molti anni con i bimbi disabili e i loro
genitori e sei proprio riuscito a farmi scoprire e
riscoprire tanti aspetti e tante sfumature così
importanti da tenere in considerazione in queste
relazioni così “speciali”.
Sono sempre stata attenta nel mio lavoro a non
“giudicare” i genitori disabili, come li chiami tu, ma a
cercare di entrare in relazione con loro nel modo più
corretto possibile per poter lavorare insieme per il
benessere del bambino. Il tuo libro mi è senz’altro
servito per avvicinarmi ancora meglio a questa realtà.
Grazie Cristina
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Nome*: |
Valentina |
Messaggio*: |
Ho appena finito di leggere questo libro. Che bello! Ci
sono dei tratti molto toccanti ed e' rivelatore di stati
d'animo che in pochi ci soffermiamo ad analizzare o
anche solo a prendere in considerazione...
Forse alcuni lettori che si approcciano a questo libro
potrebbero pensare che sia troppo duro... Io non trovo
affatto, si legge molto bene e scorrevolmente. Come gia'
ti dicevo e' pieno di spunti e di riflessioni inusuali.
Il modo in cui l'autore racconta e si racconta nella
sua esperienza di vita vissuta e... anche subita, perche'
no... e' molto fluido e sincero. A tratti disarmante
nella sua lucida e ironica (alle volte) analisi.
Mette in luce gli aspetti anche piu' difficili come
fossero sempre opportunita' di crescita e conoscenza
reciproca. Forse questo lo rende un po' scomodo, quasi
mai si vuole conoscere esperienze difficili e diverse
dalle proprie (il proprio dolore e' sempre il piu'
oneroso e noi siamo i piu' eroici nell'affrontarlo...) a
meno che queste non siano sufficientemente lontane dal
poterci sottrarre dal guardarle negli occhi.
E proprio questo punto emerge fortemente nel libro,
quanto all'autore prema il non essere palesemente
ignorato, per qualunque (seppur comprensibile) ragione....
Perche' negare e negarsi l'opportunita' di dare e
ricevere sguardi e carezze "diversi", ma forse proprio
per questo piu' sinceri e profondi? Non permettiamo
all'imbarazzo e all'ignoranza del contesto particolare
di evitarci la possibilita' di incontri e scambi di
un'umanita' rara.
E' un bellissimo "diario" scritto da un uomo che cresce
con i suoi figli e vede quanto siano diverse le loro
esperienze, aspettative e... velocita'! E a tutti questi
aspetti si e' adattato per conoscere e rispettare le
necessita' di ognuno. Un percorso toccante e stimolante,
senza dubbio difficile. L'esperienza di chi si e'
trovato a dover a volte anche solo osservare con
attenzione, per poi trarre le dovute conclusioni, le
reazioni dell'umanita' che si rapporta ai suoi figli e
di come questi si rapportano alla gente. E le difficolta'
innegabili cui vanno incontro le persone con disabilita'
di vario livello.
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Nome*: |
Patrizia |
Messaggio*: |
Sono quasi alla fine del libro e volevo dire che.... mi sembra di
conoscere la famiglia che ne è protagonista! L’autore è
talmente bravo a descrivere le varie situazioni della
sua famiglia che spesso mi e' sembrato di essere li con
loro.... anche perche', diciamolo, molte delle
sensazioni che in esso vengono descritte le conosco
benissimo!!! Molti racconti mi hanno emozionato alle
lacrime.... e poi l’ironia nel descrivere alcune
situazioni, soprattutto quelle che riguardano Simone e'
incredibile, tanto da rendere quasi "comiche" cose che
dette con altre parole risulterebbero "tragiche".... uno
spaccato di vita di una bellissima famiglia, ricca di
valori, di cuore e di passione!!!! Bello!
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Nome*: |
Francesco |
Messaggio*: |
Leggere questo
libro è stato un po’ come entrare in casa dell’autore,
che racconta in modo così schietto che mi sembra persino
di conoscere tutti i protagonisti, anche se in realtà la
figura della mamma non emerge almeno sul piano
quantitativo alla pari degli altri. Niente di male, mica
si può scrivere un libro onnicomprensivo.
Direi che forse il libro è troppo lungo. Credo che
sintetizzandone alcuni passaggi forse il tutto ne
guadagnava. La lettura è scorrevole e piacevole.
Sicuramente eccessivo l'uso delle "virgolette" e anche
un pò quello delle odiose parentesi rotonde. Piacevoli i
paralleli fra cose semplici come il lancio dei sassi sul
fiume e i concetti profondi della vita. Direi che nella
sostanza questi mi sembrano incarnare meglio la
specificità dello stile letterario dell’autore.
Bellissimo il condimento giustamente pesato dell’ironia.
Nè troppa nè troppo poca. Molto saggia la posizione di
equilibrio ed equidistanza mantenuta nei giudizi anche
quando senza paura l’autore si addentra in argomenti
scomodi come la sessualità o la religione.
Insomma, mi è piaciuto e tutti i protagonisti mi sono
diventati simpatici.
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Nome*: |
Chiara |
Messaggio*: |
E’ un libro molto
bello! E’ vita vissuta, pensieri regalati. Di più: ti fa
incontrare delle persone speciali! Il libro diventa
occasione per condividere spaccati di vita dell’autore
nel concreto di ogni giorno e le riflessioni che ne
scaturiscono. Un libro per ridere, piangere, riflettere,
imparare a convivere con la diversità, a riconoscerla e
ad accettarla anche se scomoda. Quando finirete di
leggerlo non potrete più "nascondervi dietro il vostro
dito"! L’unico piccolo neo è che a tratti la scrittura è
un po’ contorta, perchè tenta l’impresa difficile di
raccontare, a parole, un’accavallarsi e una
sovrapposizione di pensieri. Si può leggere una "lettera"
alla volta o tutto d’un fiato. Può essere una buona
fonte di confronto e discussione. Ve lo consiglio
caldamente!
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Nome*: |
Barbara |
Messaggio*: |
Anche se
in ritardo spero che i complimenti valgano lo stesso!!!!
Ho finito da pochi giorni il libro e mi è piaciuto
veramente tanto!!
Ho apprezzato l'idea dell'AbeceDARIO e della narrazione
ad episodi del vissuto che rendono la lettura scorrevole
e veramente senza sosta...hai presente le ciliegie..come
si dice.. "una tira l'altra"... beh così è stato per me,
ogni storia mi trascinava a leggere subito la successiva...
fino a trovarmi a notte fonda ancora con la luce accesa....
e con due neonati che hanno la sveglia all'alba non è
stato proprio riposante!!! ;)
Questo libro ha il mio sonno sulla coscienza!!!
Comunque complimenti veramente, dico solo che ora il
libro lo sta leggendo anche mia zia e che sono in attesa
di lettura anche mia sorella e mia cugina.. insomma,
Dario, Simone e Maria Letizia saranno come di casa nella
mia famiglia!!!
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Nome*: |
Giovanna |
Messaggio*: |
L’ho letto
“d’un fiato”, perché volevo regalarne
l’altra copia a dei miei amici che hanno
avuto un bimbo down a marzo; avevo poi
scelto di regalarlo al papà, ben sapendo che
un libro in casa è di tutti, perché, un po’
di pancia, avevo avuto l’impressione che in
quei primi mesi in cui non è facile
riorganizzarsi – dentro e fuori -, sembrasse
quasi scontato che il papà fosse considerato
da tutti solo come “supporto”, bravo dedito
speciale ecc, ma supporto, non solo... il papà.
E qui sta la prima cosa che mi è “piaciuta”,
il racconto di una (tre!) paternità, nella
quotidianità contemporaneamente “normale”
(mi sono scappati non pochi sorrisi di
solidarietà, mentre incappavo nei fugaci
riconoscimenti dello sbattimento quotidiano
femminile della gestione di casa-famiglia-lavoro
... ) ed eccezionale, che mi ha rimandato
l’idea che “nonostante tutto si può” (assieme
al dubbio che non so se io sarei stata
ugualmente capace di starci con la stessa
lucida serenità): si può vivere pienamente,
con gioia, anche se le fatiche e le
preoccupazioni sono tante.
La “cosa” che ho sentito molto, perché
comunque credo appartenga a tutti i genitori,
è la sofferenza per la sofferenza dei figli,
l’impulso a proteggerli, soprattutto a
proteggerli dai propri limiti, e poi la
consapevolezza che non si può, che non è
educativo, nel senso più vero, non
permettere di tirar fuori le loro risorse e
contare su quelle, senza “stampelle”,
riconoscendo i propri limiti.
Il papà cui l'ho regalato, mi ha raccontato
che leggendo il libro, ogni giorno, mentre
era al lavoro (lavora in montagna!), pensava
a suo figlio da grande, pensava che anche
lui avrebbe trovato la sua strada, mentre
prima, su questo pezzo si sentiva fragile e
disorientato, in difficoltà a sostenere sua
moglie nei momenti in cui l’ansia del futuro
impedisce di stare nel bello del presente.
Un’altra cosa che mi è piaciuta molto è il
mix equilibrato di racconti di vita
quotidiana, di serenità ma anche di fatica e
di momenti duri, del riconoscimento lucido e
schietto di ciò che è disabilità/diversità/handicap
(bello l’alfabeto delle parole tabù, e la
dissacrazione delle parole “politically
correct”!) e di ciò che è contemporaneamente
“normale”. Questo mostrare senza
l’intrinseca connessione tra “normalità” e
“non-normalità”, semplicemente, attraverso
la descrizione del quotidiano familiare, mi
ha fatto riflettere molto su quanta strada
c’è ancora da fare in primo luogo per
integrare dentro di noi questi aspetti.
Riflessione banale, quante volte di fronte a
un malessere, dei figli, di un amico caro,
personale, mi chiedo “è normale?” “non ci
sarà bisogno di un aiuto psico?”, e mi
preoccupo quando è questa la prima domanda
che mi viene, e solo per seconda arriva
quella più sana “come posso starci?”.
Ancora mi sono piaciute molto le riflessioni,
lievi e profonde, anche sui temi da 10000
punti: la sessualità, la consapevolezza di
essere down, il pensiero “cosa ne sarà di
loro quando non ci saremo più”
sono temi molto veri ... credo siano quelli
su cui più ci sia bisogno di parlare ... per
tutti.
E poi l’esperienza di crescita di
marialetizia con i suoi fratelli ...
Devo dire che è un libro che ti porta via,
nel senso che ogni pezzo è anche un pretesto
per pensare oltre, per pensare a tutto
quello che di fatto sono i mille misteri
della vita, e soprattutto al modo con cui ci
stiamo ...
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Nome*: |
Silvana |
Messaggio*: |
Caro papà
Alessandro, spero di non essere ripetitiva, ma grazie.
Grazie per come sei riuscito a scrivere di voi genitori, ma
soprattutto dei vostri bellissimi e carissimi figli, in
questo modo così particolare, alle volte ironicamente, alle
volte grottescamente, ma sempre con l'amore che traspare da
ogni racconto della vostra vita; per aver condiviso, e per
essere tornato indietro con la mente a ripensare ai momenti
più belli e più dolorosi; per tutto ciò che ci hai trasmesso,
allo tsunami (e non voglio dire necessariamente in negativo)
che hai provocato, proprio perchè tante delle cose che hai
scritte le ho vissute in prima persona. Penso ai vostri
figli, soprattutto a Dario e Marialetizia, quando leggeranno,
magari anche a distanza negli anni il libro e al grande
regalo umile che hanno ricevuto da questo grande papà. Un
abbraccio |
Nome*: |
Giovanna |
Messaggio*: |
Ho cominciato a
leggere questo libro con la velocità' che mi
contraddistingue nella lettura...me lo portavo ovunque: in
spiaggia, in piscina,in auto perché quando leggo un libro la
storia mi travolge, coinvolge e smetto di essere giovanna e
divento parte integrante del libro!
ma arrivata alla pagina 400 mi sono arrestata e mi son detta:
un attimo! ma quando finirò di leggere queste ultime 100
pagine, dovrò lasciare questa mia nuova famiglia in cui mi
son trovata cosi' bene e sicuramente sentirò un vuoto...non
mi conviene leggere più adagio?
E da quel momento ho cominciato a leggere una pagina massimo
due al giorno perché non volevo finisse! (tutto confermabile
da testimoni oculari)
Scrivo questo per far capire cosa mi ha trasmesso questo
libro: l'autore ti fa entrare in casa sua, nei suoi pensieri,
nei pensieri dei suoi figli e di sua moglie, in una maniera
cosi' intima che non puoi fare a meno di apprezzare questo
gesto!
Durante la lettura mi si sono scatenate varie emozioni ,
vari pensieri e vari insegnamenti...quanto e' vero che
spesso le avversità' che colpiscono i nostri figli ci fanno
pensare a qualche maledizione voluta da un' entità superiore
e pensiamo: “perché a me?" . Questo libro mi ha insegnato
che non tutto cio' che ci succede, succede per interferire
nella nostra vita, ma e' casualità e quando succede, succede
per prima cosa ai nostri figli e non a noi.
Magari non e' questo che voleva trasmettere l'autore, ma
leggere un libro e' come una canzone: ognuno trova il suo
significato!
Tante cose mi son piaciute di questo libro: primo fra tutte
l'amore, il rispetto e la gratitudine che aleggia tra le
pagine del libro che l'autore ha verso la sua compagna di
avventure (e disavventure) . Come se volesse in ogni pagina
ricordare: questo libro l'ho scritto io, ma senza di te non
ci sarebbe e non sarebbe cosi' bello!
Nonostante abbia letto le pagine dedicate ai momenti piu'
critici di questo spaccato di vita quello che mi e' rimasto
di piu' sono i successi che ogni volta acquisivano i tre
figli dell'autore. Quante volte mi rivolgevo a mio marito:
“Sai, cosa ho letto oggi di dario ?(esempio del messaggio
della signora conosciuta alla fermata del pullman), sai
simone fa amicizia comunicando con le mani, cercando il
contatto fisico o quando fa i gridolini vuol dire che sta
comunicando ed e' felice! sai Marialetizia nelle pagine che
ho letto oggi a soli 5 anni si e' comportata in termini di
sensibilta' meglio di un adulto (vedi episodio della befana),
Non nascondo che in alcune parti del libro mi perdevo nei
lunghi periodi per poi finire la pagina e doverla rileggere
per capirne il significato , ma d'altronde nella premessa ci
avevano avvisati:..."perché' nel tuo libro non ci saranno
frasi corte e facili da comprendere, ma lunghi periodi pieni
di incisi, richiami e citazioni, puntini di sospensione e
punti di domanda, perche' la vita e' cosi', e' un groviglio
di fatti, desideri, rimpianti, gioie, dolori, scelte e
casualita'."...(frase tratta dal libro).
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Nome*: |
G. |
Messaggio*: |
libro assolutamente da leggere! per tutti! il
libro ti coinvolge, ti appassiona talmente tanto che ti
dispiace leggere le ultime frasi e sapere che lo hai proprio
finito!! Ironico e struggente allo stesso tempo, ti lascia
tanti spunti di riflessione! L'autore ha un modo molto
originale di scrittura che ti peremtte di entrare nei suoi
pensieri piu' profondi e di trovarti attratto dai suoi
intrecciati ragionamenti! Lo consiglio vivamente! |
Nome*: |
Betty |
Messaggio*: |
Bellissimo libro che dona emozioni a non finire.....tante
lacrime, ma anche tanti sorrisi!!! Raccomandato.... |
Nome*: |
Katia |
Messaggio*: |
Da leggere assolutamente... da comperare e tenere... perchè
lo rileggeresti mille volte!!! |
Nome*: |
Emanuela |
Messaggio*: |
Grazie della lettura del tuo libro. L'ho trovato allegro, profondo, emozionante, vivo, ricco, dolce,doloroso, tenero...
Insomma l'ho letto d'un fiato ed in tante riflessioni mi ci sono riconosciuta! |
Nome*: |
Daniela |
Messaggio*: |
Un bellissimo strumento questo
libro, per conoscere e capire di più la vita di un
genitore "disabile", il modo di porsi davanti ai
problemi, a volte enormi, che la vita gli mette di
fronte. Ne esce un quadro reale, positivo, a volte
negativo e arrabbiato ma che si lascia stupire e fermare
a riflettere su risvolti inusuali... insomma realista,
ma che attraverso la dimostrazione di un grande amore
lancia un messaggio per nulla scontato: Amare, Accettare...
Puntare sui pregi e non fissarsi sui difetti... Vivere...
Seminare con semplicità. E come si capisce dal racconto
per episodi della vita dei figli... Raccogliere i frutti!
A volte un po' prolisso... per me che preferisco la
velocità di un film, ma anche questo ha forse una
spiegazione: occhi abituati a parlare tanto senza
voce... abituati a questo tipo di dialogo da tanti anni...
avevano bisogno di tradurre su carta tante parole forse
inespresse. Grazie per questo libro... e per il suo tono
moderato al di sopra dei commenti irosi e pieni di
rabbia verde, che tanto spesso ultimamente capita di
incontrare sul tema... e che mi feriscono.
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Nome*: |
Lorenza |
Messaggio*: |
il libro è veramente emozionante ,
bellissimo , dolcissimo .
spero tantissimo che gli aquiloni possano volare sempre
più in alto .
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Nome*: |
Michela |
Messaggio*: |
Ho trovato il libro "come aquiloni...
o quasi" bellissimo, pieno d'amore e di speranza per il
futuro dei nostri figli per noi nuovi genitori.
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Nome*: |
Barbara |
Messaggio*: |
Coinvolgente, emozionante,
indimenticabile
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Nome*: |
Maria Rosa |
Messaggio*: |
Bravo! Un libro che ho
letto con tanta gioia, perché mi ha dato tanto e tanto
mi ha fatto riflettere. Un libro che seppur pieno di
tanti momenti difficili passati, tante decisioni prese
importanti, tanti momenti di trepidazione… è anche pieno
di gioia per altri momenti felici e traguardi raggiunti
dai tuoi splendidi figli Dario lo sportivo, Simone
amabilmente “raghino” e la vulcanica dolcissima
Marialetizia. Grazie!!!
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Nome*: |
Mara |
Messaggio*: |
Non ho esperienza diretta di disabilità nella mia famiglia, ma dopo aver letto questo libro mi sono comunque confrontata con il mio modo di essere genitore. Con tutte le volte che ho detto a mia figlia “non posso, devo lavorare, non ho tempo, non ho voglia”, dimenticando la bambina che e' in me e dimenticando di come ci si diverte. Ho avuto mia figlia relativamente giovane; ora lei ha 14 anni ed e' già un'adolescente con tutti i pro e contro del caso e leggendo questo libro mi sono chiesta se io sono riuscita ad educare mia figlia dandole gli strumenti per diventare indipendente per essere forte, libera e felice ed ora che e' quasi una donna e io vorrei fosse ancora una bambina… mi chiedo anche se tante volte noi genitori non proiettiamo sui nostri figli i nostri sogni, vedendoli come una nostra appendice. Senza capire magari fino in fondo ciò che dalla lettura di questo libro appare evidente, e cioè che la doverosa ricerca di "autonomia" dei nostri figli non è certo solamente la capacità di fare delle cose... ma quella di "essere" delle persone. Io sono orgogliosissima di mia figlia e penso sia un'altra persona con le sue passioni e desideri diversi dai miei e quindi in questo senso non una mia appendice ma un'altro essere... Ancora qui con i miei sogni da realizzare (che a fatica cerco di portare avanti senza chiuderli in un cassetto) a volte mi è difficile trovare la serenita' in una vita "normale"
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Nome*: |
Lara |
Messaggio*: |
Questo libro è un Tesoro, di quelli
autentici, inestimabili e difficilissimi da trovare. Ma
tu, lettore, hai la possibilità di averlo facilmente tra
le mani.
Forse non sarà facile racimolare il
coraggio e l'energia necessari per tuffarsi in mezzo a
onde così alte e travolgenti (e numerosissimi puntini di
sospensione!), ma sono certa che ne valga la pena,
perchè qui dentro ci sono delle emozioni tali da
ribaltarti la vita e renderla molto più limpida e
incantata.
Ci sono sorrisi e gioie da lasciare senza
fiato, lacrime così tenere da sentirsi sciogliere
fisicamente il cuore, rabbia e dolori tali da regalarti
la capacità di spaccare il mondo.
Hai a portata di mano un Tesoro raro e
reale.
Io ne approfitterei...
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Nome*: |
Letizia |
Messaggio*: |
Sorprendente...questo libro sorprende il
lettore che di certo non pensava di trovarsi così bene a
far parte di questa famiglia speciale, sorprendente...perché
appena finito di leggerlo hai voglia di farlo di nuovo,
perché in questo racconto ti ci sei trovato proprio bene,
hai sorriso, hai pianto ma soprattutto hai riflettuto.
Piccoli racconti di vita quotidiana
raccontati con ironia e garbo mai leziosi, anzi con un
tocco di irriverenza che toglie al racconto quel tono
drammatico che avrebbe altresì assunto, una storia vera
di un padre che non si nasconde dietro un dito e che
offre a tutti in maniera generosa e gratuita la sua
esperienza di padre “disabile” o “speciale”...o forse
solo di Padre.
I racconti hanno lo straordinario potere
di farti sentire parte di essi, un potere empatico
enorme una capacità descrittiva talmente grande da farti
“vivere” il racconto in prima persona. Piccoli scorci di
vita quotidiana di una famiglia davvero speciale i cui
rigidi meravigliosi valori dei genitori sono stati
trasmessi ai figli in maniera tanto forte quanto i
cromosomi...
In maniera modo semplice e diretta riesce
ad affrontare argomenti ostici, difficili, personali e
privati che in pochi avrebbero il coraggio e la voglia
di mettere sotto gli occhi di tutti, portandoti a
riflettere a chiederti “ed io?? Cosa avrei fatto, o
meglio,cosa sto facendo io??”
Alessandro Monsoni, ha lo straordinario
dono di saper scrivere e raccontare in maniera semplice
schietta che arriva dritto al cuore, un grande scrittore
quindi oltre che un grande padre a cui rivolgo i miei
più sentiti ringraziamenti perché con il suo libro ci ha
reso tutti partecipi dei tanti insegnamenti che ha
ricevuto dalla vita e dai suoi tre figli così
cromosomicamente diversi quanto meravigliosi ognuno con
le sue particolarità, le sue conquiste, le sue vittorie,
le sue sconfitte e le sue sofferenze. E se alla fine del
libro nasce il dubbio se davvero ne sia valsa la pena…
be’ ma allora “cavoli” se ne è valsa la pena!! E sono
davvero pochi i genitori che oggi potrebbero fare
un’affermazione così…
Insomma che dire bravo!! E in attesa di
un bis, lascio ancora un po’ il libro sul mio comodino
come se non avessi voglia di “perdere di vista” questa
bella famiglia…
…uno sguardo cade sulla copertina, la
mente torna a riflettere…il cuore a gioire…ci siano
ancora uomini che amano i propri meravigliosi imperfetti
aquiloni…
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Nome*: |
Giovanni Bonvini |
Messaggio*: |
L’autore comincia con una citazione di
J.Morrison”Non prendere
mai la vita troppo seriamente
perchè,comunque sia,non ne uscirai vivo”.
E
ancora”I figli sono come gli aquiloni,passi la vita
a cercare di farli alzare da terra”.
Sono considerazioni che fanno subito comprendete lo
stato d’animo di un padre di tre figli,due dei quali
affetti da una diversa disabilità,che lui ha toccato
con mano e che vive quotidianamente con fatica , ma
anche con gioia,con disponibilità,fede e
convinzione che la cosi’
detta “diversità” può essere vista come una sfortuna/fortuna,con
poche certezze e speranze,pur nella certezza che
questi figli cosi’
“segnati “sono persone che vogliono vivere come le
altre e che hanno bisogno di ricevere tanto affetto
ed attenzione,amicizia e considerazione da un mondo
proiettato verso una normalità tanto fittizia e
superficiale. Mi è capitato di conoscere Dario e
Simone e di accorgermi che il papà,la mamma,la
sorella Maria Letizia e tutti gli altri familiari
erano in sintonia,manifestavano serenità e spirito
di comunità, specialmente la sera,dopo cena,quando
si riunivano insieme e davano spazio a giochi e
piccoli divertimenti per i ragazzi e gli adulti
della loro cerchia familiare e parentale. Come
scrive Alessandro,l’autore,Dario-Simone-Maria
Letizia rappresentano una vita a tre velocità, ma
che fa capire quanto “dobbiamo essere per noi
stessi senza dimenticare gli altri,i quali hanno
bisogno di noi per raggiungere qualche risultato
tangibile”. La simpatia e l’integrazione di Dario,il
desiderio che Simone raggiunga una certa
autonomia;l’auspicio che Maria Letizia possa
continuare a compensare ciò che manca ai due
fratelli,tormentano il buon Alessandro,combattuto
fra il suo lavoro di geologo e l’affetto
persistente per la sua variegata ma bella realtà
genitoriale e familiare. Ci sono momenti i cui i
figli superano traguardi molto significativi,come
Dario che diventa elettore ed appassionato
sportivo,Maria Letizia che coltiva un corso di danza
e si rende utile ,in casa,aiutando i genitori nella
cura di Simone;i viaggi compiuti con il camper alla
scoperta del mondo,confrontando in certi momenti
quei figli”speciali” con altri”normal”,lasciano
comprendere i tanti desideri,i sentimenti,le
preoccupazioni,le soddisfazioni di due genitori
impegnati a tempo pieno, con tre figli che hanno caratteristiche
di una diversità disarmante per quanto umana e
coinvolgente al massimo grado nel vivere,nel
sentire,nel condividere
pensieri,sentimenti,sensibilità,emozioni. E che dire
dell’ebbrezza del volo,anche se limitato,di Dario
verso l’attività lavorativa di aiuto cuoco in un
grande albergo,lasciato solo per la prima volta a
fare un’esperienza cercata,voluta,desiderata? E come
dimenticare Simone,in mezzo a tante persone che gli
vogliono bene o che lo incontrano per pochi
momenti,che fa sorridere chi lo ama,in particolare
la mamma e il papà! E che dire della dolce e decisa
Maria Letizia nel controllare suo fratello Simone e
nel mostrare ai genitori sicurezza e serenità? La
fede di questa bella famiglia ,li ha portati non
solo a far parte della comunità cristiana nel loro
ambiente ,ma ad avere,il 7 ottobre 2009,un momento
eccezionale,in Piazza S,Pietro,quando il Papa ha
abbracciato Dario e ha salutato Alessandro,che
rappresentava l’Associazione Pianeta Down. Comunque,
chi ha scritto questo libro meraviglioso ha avuto
tanta forza,a un certo punto, per chiedere ed
accettare che Simone diventasse suo “Figlio per
Sempre”,a causa della minorità che gli impediva di
provvedere a se stesso. Ci sono altri aspetti di
rilievo,nella descrizione di Alessandro, che non
vanno sottovalutati,poichè
rappresentano fasi della vita a cui anche un ragazzo
down,come Dario, non si sottrae:l’amore per un’anima
gemella che gli fa vivere un sentimento intenso ,lasciando
nei genitori la preoccupazione che le due persone
siano alla pari in ciò che ognuno dà e riceve. Per
Simone c’era l’incognita di una parte di
sè che rimaneva
parzialmente nell’ombra del mistero,mentre per
Maria Letizia c’era una vita senza problemi!Dal
punto di vista educativo,si può dire che l’autore fa
chiaramente capire che la punizione violenta non
serve , che c’è una differenza notevole fra
l’autorità e l’autoritarismo:è giusto privilegiare
il dialogo e incoraggiare l’assunzione di
responsabilità in conseguenza delle proprie
azioni.da parte dei
figli. Siccome poi i figli sono come “ un libro
aperto” o” un libro chiuso” ,secondo la realtà della
loro condizione,basta riferirsi a Dario,a Simone,a
Maria Letizia cercando di recepire le loro
manifestazioni espressive o i loro mutismi,voluti o
non voluti. per comprendere le individualità
giovanili.Si può dire che” i tre aquiloni o ...quasi”possono
essere in grado di volare alto o basso:dipende
dalla spinta che possono ricevere dagli adulti di
riferimento e da tutto ciò che li circonda : devono
essere stimolati ad essere,a sentire,a vivere con
un palpito di sofferenza ma anche di gioia,perchè
è bello cercare di farli innalzare questi
aquiloni,facendo si’ che
il vento li spinga il più in alto possibile: essi
devono sentire che vi sono i genitori,i
familiari.gli amici,i
coetanei e tanti altri che vogliono contribuire
affinchè vadano
su,sempre più su, in un mondo eterno,cosparso di
bellezze e di gioie infinite,anche per
loro,principalmente per loro!
|
Nome*: |
Andrea Asti - scrittore |
Messaggio*: |
Con colpevolissimo ritardo vorrei portare
alla vostra attenzione questo libro scritto dall’amico Alessandro
Mosconi.
Ho avuto il piacere di conoscere Alessandro più di un
anno fa ad Ascoli Piceno, ma è soprattutto tramite
Facebook e il suo libro
che ho potuto apprezzare una persona unica, con una
famiglia unica. Il suo libro parla fondamentalmente di
vita e di coraggio, e attraverso una scrittura
costellata da tanti punti di sospensione :) e da
profonda ironia possiamo conoscere una famiglia che, pur
fra mille difficoltà, dovrebbe costituire un esempio.
“Come aquiloni… o quasi” è un libro coraggioso, che
scatena emozioni contrastanti e che in diverse parti mi
ha divertito e commosso. Nonostante sia un bel tomo :)
va letto perché alla fine resta la sensazione di aver
attraversato vite intense e mai banali. Va letto per
capire quanto profonda e gratificante possa essere
qualunque esistenza, anche quella più difficile.
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Nome*: |
Laura Sandruvi -
Superando.it |
Messaggio*: |
Come aquiloni… o quasi
Intervista ad Alessandro Mosconi di
Laura Sandruvi
Più di mille
copie vendute e già numerosi riconoscimenti e premi,
sono il lusinghiero bilancio di “Come aquiloni… o
quasi”, il libro con cui Alessandro Mosconi,
genitore di due figli con disabilità intellettiva,
ha cercato di fornire il proprio contributo a
cambiare la mentalità corrente. Lo abbiamo
incontrato, per parlare di disabilità, sessualità,
fede religiosa, scuola, sport e molto altro ancora
Geologo
di professione, Alessandro
Mosconi,
cinquantaquattrenne monzese, «ha iniziato a scrivere
– come si legge nel sito dedicato
al suo libro – per raccontarsi e raccontare la sua
esperienza di padre di tre figli, di cui due nati
con diversi tipi di disabilità
intellettiva congenita
di origine casuale». Dopo avere pubblicato nel 2006 Come
pinguini nel deserto (Del
Cerro Editore; riedito nel 2011 da Morellini), insieme
ad altri genitori, nel 2010 ha
dato alle stampe Come
aquiloni… o quasi (Tracce
Editore), sorta di grido di speranza e di dolore
insieme, che prendendo origine dal racconto per
episodi della quotidianità, affronta con serietà e
al tempo stesso con ironia il tema della diversità,
riflettendo sui sentimenti contrastanti che essa
genera in chi la vive di riflesso ogni giorno, o la
sfiora casualmente anche solo per un attimo.
Strutturato in modo molto particolare, con un’ampia
parte dedicata al cosiddettoAbbeceDario
(s)ragionato sulla Sindrome di Down e la disabilità
in genere, il libro ha
già venduto più di mille copie – risultato non certo
trascurabile – ottenendo anche numerosi
riconoscimenti,
ultimo dei quali il Premio
Speciale Romanzo Testimonianza alla
seconda edizione del Concorso Città di Pontremoli (premiazione
in programma il 7 aprile nella città toscana).
Quando e come è nata l’idea di
scrivere questo libro, unico per le sue
caratteristiche strutturali, grazie ad esempio all’AbbeceDario e
al Pensatoio?
E come è nata questa passione per la scrittura?
«Il progetto di Come
aquiloni… o quasi ha
preso corpo “a posteriori”, quando mi sono accorto
che in più di sei anni di scrittura su diversi forum
in internet che si occupano di disabilità (specialmente
nel sito dell’Associazione Pianeta
Down), avevo
accumulato una quantità tale di racconti, esperienze
e riflessioni sulla disabilità vissuta “dalla parte
del genitore” che, oltre a coprire una buona parte
dello spettro di domande e dubbi che una persona si
pone, incontrando la disabilità nella sua vita,
forse meritava di essere condivisa anche in una
forma diversa dallo scritto estemporaneo, per essere
accessibile a tutte quelle persone che non hanno
particolare confidenza con l’utilizzo dei moderni
strumenti informatici o voglia di mettersi in gioco
in prima persona in un forum di discussione. Proprio
per queste ultime ho pensato in particolare che il
mio sforzo potesse essere utile, mettendo a
disposizione l’essenza del mio vissuto
genitoriale, affinché
chi vive esperienze simili alla mia o per qualsiasi
ragione desideri confrontarsi con il tema della
disabilità intellettiva-relazionale e fisica, possa
trovare conforto nel riconoscere di non
essere solo a
provare determinati sentimenti (non sempre positivi!)
e possa sperare in un futuro concreto di difficile
immaginazione – realizzatosi in vite “reali” – oltre
a trovare spunti di riflessione per interrogarsi sui
propri atteggiamenti nei confronti della disabilità.
Per trasformare il tutto in un libro, non ho dovuto
fare altro che “organizzare”, con un minimo di
logica e sequenzialità, i miei scritti, dopo una
necessaria e dolorosa selezione (anche se alla fine
di tale operazione il risultato è stato ancora un
“mattone” di circa 500 pagine!). Per fare questo, ho
utilizzato uno dei miei “post” più ironici e che
nonostante ciò ritengo più profondi, vale a dire l’AbbeceDario,
sorta di dizionario (s)ragionato sulla sindrome di
Down e la disabilità in genere, il cui titolo mette
insieme scherzosamente il significato originale del
termine con il nome del mio primogenito Dario,
la persona che per prima mi ha “costretto” a
confrontarmi con questa realtà. Ogni capitolo del
libro inizia infatti con un breve paragrafo che
descrive tutti gli “attributi” (veri o presunti tali)
di un disabile che iniziano con quella lettera
dell’alfabeto, a cui seguono tre
racconti di vita (uno
per ogni figlio, perché i miei figli sono tre, i
primi due con diverse disabilità
intellettive-relazionali casuali di differente
gravità, e l’ultima… diversamente “normale”) e un
paragrafo dedicato più alla condivisione di
riflessioni intime… intitolato Il
Pensatoio.
Per quanto riguarda la mia passione per la scrittura,
devo dire che pur avendo amato scrivere fin da
giovane, l’“urgenza” di trasformare i miei pensieri
in parole scritte è esplosa prepotentemente insieme
all’intima necessità di mettere in ordine sentimenti,
vissuti e piccoli episodi quotidiani e significativi che
hanno caratterizzato la mia esperienza di padre.
Perché un libro, specie se di questo genere, si
scrive prima di tutto per sé… e solo poi anche per
gli altri. Per raccontar loro che oltre al dolore,
alla fatica, alle difficoltà che sicuramente
accompagnano la vita di un figlio disabile e della
sua famiglia, c’è
di più… molto di più.
C’è innanzitutto la coscienza che vivere da disabile
o con un
disabile si può… e c’è la consapevolezza di
un’umanità preziosa che spesso non viene valorizzata
solo per paura, mancata conoscenza, imbarazzo.
Raccontandomi come genitore, ho cercato di gettare
un piccolo ponte tra due mondi che spesso
comunicano troppo poco e male…affinché
la conoscenza reciproca li potesse avvicinare un po’
di più. Con crudele onestà, ma anche con serenità e
un po’ di sana e doverosa autoironia, indispensabile
e abituale compagnia di tante famiglie che si
trovano a vivere in questo mondo un po’ particolare».
Ha venduto oltre mille copie, ha
ottenuto tanti riconoscimenti e premi. Quante
emozioni ha provato?
«L’emozione più grande, unica, quella che “non ha
prezzo” – per fare il verso a una nota pubblicità -,
è quella di rendersi conto, attraverso il feedback
dei lettori, che con i tuoi scritti sei riuscito a trasmettere
emozioni, a stabilire
un rapporto empatico con tante persone. E l’hai
fatto raccontando storie di vita vissuta, reali, non
“costruite” a tavolino per generare risposte
emotive, ma instaurando una sorta di dialogo, solo
apparentemente “a senso unico” con chi si confronta
con la tua esperienza e il tuo vissuto. Perché un
libro non è fatto solo da chi lo scrive, ma anche da
chi lo legge… mai
uguale a se stesso.
I premi hanno un’importanza relativa, in quanto a
parte l’indubbia soddisfazione personale – sarebbe
sciocco negarlo – valgono essenzialmente per la
visibilità aggiuntiva che danno al libro,
permettendo di riflesso una sua diffusione più ampia
e capillare. Per raggiungere più persone possibili,
con il suo messaggio comunque positivo e contribuire
a creare un mondopiù
a misura di disabile.
In questo senso il numero di copie vendute ha anche
una seconda valenza: tutto il ricavato derivante dai
diritti d’autore, infatti, è destinato a tre
associazioni che si occupano a vario titolo di
disabilità intellettiva-relazionale.
Per favorire la massima diffusione possibile,
inoltre, il libro è disponibile anche
in versione digitale su
tutti i maggiori negozi online, in formato adatto ai
principali reader presenti sul mercato (ePUB, MOBI)».
È stato difficile affrontare temi
tanto delicati, come la sessualità e la fede?
«Solo parzialmente. Perché quando un argomento
specifico ha un ruolo importante in un tema generale,
deve comunque essere discusso. E i due argomenti in
questione, indubbiamente, sono in diverso modo
entrambi fondamentali nell’approccio
che una persona ha nei confronti della disabilità,
quella vera, non edulcorata, con la quale bisogna
“fare i conti”. E così i tabù (sbagliati), le
inibizioni e anche la naturale e giusta riservatezza
passano in secondo piano.
In fondo, entrambi gli argomenti hanno a che fare
col piano della “relazione”.
Verso i propri simili, e verso Dio. E l’uomo è
un’animale relazionale. Non si può prescindere
quindi dal parlare di questi temi, in un modo o
nell’altro, anche parlando di disabilità. E bisogna
farlo con onestà e naturalezza, guardando ad esempio
alle loro esigenze sessuali, siano esse istintive
e/o affettive, come al naturale desiderio di
pienezza di umanità che c’è in ognuno di noi, e che
in ognuno di noi trova forme e modi differenti per
esprimersi. Fino a poco tempo fa, ad esempio, si
pensava che le persone Down non fossero capaci di
sentimenti… niente
di più falso. E la
dimensione affettiva della sessualità è una realtà
oggi sempre più presente e riconosciuta nella loro
realtà, ma va accompagnata a maggiore attenzione,
professionalità e delicatezza,
senza atteggiamenti “rivendicatori” che affermando
un’uguaglianza che di fatto non esiste… diano per
scontato il diritto ad una sessualità “normale”‘.
Questo vale sia per ciò che riguarda la sessualità
che si esprime attraverso la corporeità, che quella
“progettuale” (il desiderio di sposarsi, formare una
famiglia, fare figli).
Ovviamente tutto questo, nel caso della disabilità
intellettivo-relazionale, deve necessariamente
confrontarsi con il concetto di responsabilità, di
coscienza dei propri pregi e limiti, della capacità
o meno di “prendersi cura di” e così via. Ma è un
cammino possibile
e doveroso, in cui
ogni persona, con l’aiuto della famiglia, di una
società priva di pregiudizi e di persone
professionalmente capaci e preparate ad
accompagnarli in questo cammino delicato ma
bellissimo, può trovare un suo personale equilibrio
e un proprio modo di realizzare la propria
sessualità possibile. Senza preclusioni e pregiudizi,
ma anche senza forzature.
Valentina Minutoli, “Idillio”,
2010, particolare dell’opera utilizzata nella
copertina di “Come aquiloni… o quasi”
Per quanto poi riguarda la Fede,
che potrebbe anche essere considerata un aspetto
privato e intimo della persona, io credo che
comunque abbia anche una dimensione
“pubblica” importante,
quella che costringe a porsi interrogativi
importanti, sia alla persona con disabilità che ai
suoi genitori; domande che hanno a che fare con il “perché”,
il “perché a me”, gli inevitabili e imperscrutabili
sensi di colpa, e di come tutto ciò si riassuma nel
senso che si dà alla propria e altrui esistenza, e
al significato concreto delle parole “destino”, “caso”,
“disegno”. Nessuno può sottrarsi a queste domande,
figuriamoci se può farlo un genitore di due figli
disabili!».
Grazie alle analisi prenatali, molte donne che
scoprono di aspettare un figlio con sindrome di Down
decidono di abortire. Manca il coraggio di
affrontare una vita da genitori disabili? La scelta
deriva da aspetti culturali e sociali? Nel libro
scrive di quando Dario parlava davanti ad un
pubblico, dando indicazioni precise a chi stava
aspettando un figlio Down. E troviamo uno spunto di
riflessione anche nell’Abbecedario alla
lettera N
“Nati”.
Quali sono le principali difficoltà per un genitore
che si trova davanti a una scelta così pesante?
«È un dato di fatto e la riprova è che se una volta
i figli Down nascevano da coppie anziane – visto
l’aumento del rischio di concepimento di bambini con
questa anomalia cromosomica proporzionale all’età
della madre – al giorno d’oggi nascono quasi
esclusivamente da coppie
giovani, tanto
giovani da non rientrare nemmeno nel protocollo di
“diagnostica preventiva” previsto per le madri oltre
l’età considerata statisticamente a rischio. Questo
vuol dire che in caso di diagnosi “positiva” (che
paradosso il termine, eh?!) alla sindrome di Down,
più del90% delle
coppie decide di abortire. Le persone Down che
nascono sono quindi quasi sempre “sorprese”
riservate a coppie giovani e inconsapevoli (queste
cose capitano sempre “agli altri”!), oppure a coppie
che decidono di non correre il rischio di quell’1%
di mortalità del feto conseguente ad amniocentesi o
a prelievo dei villi coriali e di non sottoporsi
allo screening diagnostico.
Se un giorno avessimo la disponibilità di strumenti
diagnostici più affidabili e non invasivi, da
applicare a tappeto a tutte le gravidanze, senza
rischi per il nascituro, la tendenza potrebbe quindi
essere quella… all’”estinzione” delle persone con
Sindrome di Down, “traguardo di civiltà” sbandierato
già da alcuni Paesi del Nord Europa, come
raggiungibile in breve tempo, con definizioni
crudelmente asettiche come Down-free
Country e
similari.
Ma sicuramente in moltissimi casi la scelta di non
mettere al mondo un figlio con la sindrome di Down
(o anche con molte altre malformazioni, la natura è
molto fantasiosa in questo!) è spesso dettata dalla paura,
associata alla non
conoscenza e
al profondo senso
di solitudine in
cui due genitori vedono trasformarsi in un attimo i
loro sogni e progetti futuri, l’“immagine” ideale e
perciò non vera che si erano costruiti del proprio
figlio. Una maggiore e più corretta informazione al
momento della comunicazione della diagnosi prenatale,
insieme a una rete
di supporto che
senza troppi discorsi mostri ai futuri potenziali
genitori la realtà concreta di famiglie che vivono
una vita “possibile” e “tentativamente” serena, come
fanno tutti, sicuramente porterebbe a risultati
diversi, e se non altro a scelte
più consapevoli.
Ecco, il problema è proprio che le persone sono
costrette a scegliere, spesso senza alcuna
consapevolezza, da sole, e in pochissimo tempo. E
questo mediamente (perché le eccezioni ci sono!) non
può che portare a una decisione sola.
Della “terza
via”, poi, nessuno
parla mai, ma anche questa è una scelta possibile:
il non riconoscimento del proprio figlio, che quindi
viene dato in
adozione. Ci sono
veramente tante famiglie disponibili ad accogliere
bambini con la sindrome di Down, a riprova che una
scelta consapevole può comunque portare a soluzioni
“diverse”.
Certo, le difficoltà sempre più emergenti nel
settore del welfare attuale, specie nel nostro Paese
(pure all’avanguardia per quanto riguarda il piano
legislativo nel campo specifico della disabilità!),
non aiutano a scegliere di… complicarsi la vita (perché
questo sicuramente comporta, inutile negarlo, la
presenza di una persona con disabilità all’interno
del nucleo familiare). Ma per richiamare quanto è
scritto nella sua domanda, riguardo all’AbbeceDarioalla
lettera N
“Nati” e
al parere di Dario sulla propria vita, provate a
chiedere a una persona Down se è felice di esistere.
Che risposta vi immaginate di poter ricevere?!».
Quanto incide
il fatto che manchi un sufficiente supporto sociale
ai genitori che percepiscono la nascita di un figlio
disabile come una tragedia? Per esempio, come valuta
l’integrazione, soprattutto nelle scuole?
«È il problema principale, come scrivevo poco sopra.
Lo è già ancor prima della nascita. “Metterò al
mondo un infelice?”, si domanda il genitore…, “sarà
deriso ed emarginato da tutti?”…, “non potrà
condurre una vita autonoma e sociale?”. Tutte
domande lecite e che si radicano profondamente in
una realtà certo non semplice, ma che verrebbero
moltissimo ridimensionate, a fronte di una
conoscenza più approfondita del mondo della
disabilità.
Ricordiamoci sempre – non mi stancherò mai di dirlo!
– che in Italia abbiamo la legislazione
più avanzata d’Europa e del mondo in
termini di integrazione, a partire dall’integrazione
scolastica, per arrivare a quella lavorativa. È
nelle cosiddette “buone prassi” che poi “cadiamo”
miseramente, e quindi è in questa direzione che
devono essere fatti i maggiori sforzi. Dalla
carta… ai fatti. E
tuttavia, ciò non toglie che culturalmente, in
teoria, siamo molto evoluti come spinta ideale (cos’è
una Legge se non questo?). Dobbiamo solo fare in
modo che questa spinta ideale si trasformi in scelte
concrete, in mentalità comune, in buone abitudini.
Se l’integrazione nella scuola non “gira”, è solo
per colpa della scarsità e dell’inadeguatezza delle
risorse, economiche e umane. Certo, siamo in periodo
di crisi, e tutti devono “subire”, figuriamoci chi
“costa” tanto… come un disabile (lo diceva anche un
piccoletto in uniforme con degli strani baffetti e
una croce uncinata sul braccio non molti anni fa!),
ma ricordiamoci sempre che il grado di civiltà di
una Società si misura proprio sulla sua capacità di tutelare
e proteggere i suoi membri più deboli.
Far circolare queste idee per cercare di cambiare la
mentalità corrente è una responsabilità cui noi
genitori disabili non possiamo sottrarci. Anche per
questo Come
aquiloni… o quasiesiste».
Ci sono ormai
tantissime associazioni per famiglie con figli
disabili e su internet troviamo anche dei forum di
discussione, di incontro e di condivisione delle
proprie esperienze. Anche lei ha pubblicato dei
contenuti in questi siti, uno fra tutti il già
citato Pianeta Down di cui fa parte. Cosa ne pensa
di questa rete virtuale di confronto?
«Le associazioni hanno avuto negli anni passati – e
hanno tuttora – un’importanza
fondamentale nel
fornire supporto sul territorio, nell’indicare
possibilità di assistenza, nell’unire i genitori,
dando loro quella “massa critica” spesso necessaria
ad ottenere quanto meno di “farsi ascoltare”, di far
emergere bisogni e di far sorgere iniziative e
soluzioni per venire incontro ad essi. E questa è
ormai una prassi consolidata anche se non si può mai
considerarla come “scontata”.
Ma
internet e i forum di discussione hanno avuto il
potere dirompente di permettere la diffusione e la
condivisione delle emozioni, cosa resa molto più
facile dal dialogo con persone “reali” sì, ma
protette in un certo senso dallo schermo di un
personal computer, senza quell’imbarazzo… quel
naturale pudore che deriva dal contatto personale,
visivo, fisico. La dimensione emotiva è così stata più
libera di esprimersi,
senza maschere, senza finzioni di convenienza
sociale, senza “buonismi”, e in tanti si sono
accorti di non essere soli, si sono riconciliati con
i sentimenti non proprio “positivi” e idilliaci che
provavano nei confronti dei loro figli, riuscendo
così ad aumentare la propria scarsa autostima e a
trasformare anche queste negatività in
risorsa, a servizio
della crescita dei figli. E questo a prescindere
dalla territorialità, unendo persone diverse per
ceto, provenienza geografica e sociale, cultura,
nazionalità ecc. Perché in questo la Rete ha lo
stesso approccio alla realtà che ha la disabilità:
sono entrambe ineluttabilmente… “democratiche”. Un
effetto, quindi, positivamente
devastante.
Inviterei, in questo senso, a leggere (oltre
naturalmente al mio!…) anche il libro di Autori VariCome
pinguini nel deserto, che
è proprio la trasposizione senza modifiche dei thread [fili
di discussione, N.d.R.] più
significativi presenti nel già citato forum di
discussionewww.pianetadown.org e
scritti tra il 2004 e il 2006. Può certamente
servire ad apprezzare quanto aiuto derivi dalla
condivisione di sentimenti, esperienze, realtà e
vissuti».
Per la prima volta, nella storia di Special
Olympics,
il noto movimento internazionale sportivo di persone
con disabilità intellettiva e relazionale, un
giocatore italiano[Massimiliano
Priolo,
N.d.R.] ha
partecipato dal 15 al 17 febbraio all’ All
Star Game NBA,
la lega professionistica statunitense del basket, a
Houston, nel Texas. Di fronte a questo evento – che
ci sentiamo di definire come un vero passo avanti
per l’integrazione – può esprimere un suo parere,
come padre di Dario, campione paralimpico di nuoto,
impegnato anch’egli nelle gare Special Olympics?
«Lo spirito di Special Olympics, movimento nato
negli Stati Uniti negli Anni Sessanta, per favorire
l’attività sportiva, e con essa la crescita
personale, l’autonomia e la piena integrazione delle
persone con disabilità intellettiva, è veramente
straordinario. Permette agli atleti di gareggiare
innanzitutto “tra pari”, quindi per una volta di
confrontarsi in una competizione (sportiva, ovvero
metafora di tutte le competizioni cui ognuno di noi
è chiamato nella vita quotidianamente) in cui non
sono perdenti in partenza.
Infatti, ogni batteria (in sport non di squadra,
tipo nuoto, sci ecc.) è composta da persone di
simile abilità, a prescindere dal tipo di disabilità,
in modo che a fare la differenza siano “veramente”
l’impegno, l’allenamento e lo sforzo profuso durante
la gara. Questo insegna ai ragazzi che si può
vincere, si può perdere… ma che in fondo la vera
differenza la fa il “dare
tutto”. Non a caso,
il giuramento che gli atleti Special Olympics
pronunciano all’inizio di ogni manifestazione è “Che
io possa vincere, ma se non riuscissi, che io possa
tentare con tutte le mie forze”!
Il ritorno di autostima che deriva da questo “sano”
agonismo – che ha poco o nulla a che fare con il
record, con la performance estrema, ma che valorizza
lo sport principalmente come strumento di confronto
con il “proprio” limite – è straordinario, e si
estende a tutti i campi della vita relazionale e
sociale della persona che ne beneficia.
A questo primo piano, se ne aggiunge poi un altro,
altrettanto importante, quello dello “sport
integrato”, dove
atleti disabili e atleti normodotati gareggiano
fianco a fianco in discipline generalmente di
squadra, con regolamentazioni precise che non
lasciano nulla al caso. Inutile sottolineare quale
immenso valore possa avere una pratica sportiva come
questa, al fine di promuovere l’integrazione sociale!
Dario ha svolto attività sportiva in diverse
discipline, nuoto, sci, bocce, giungendo anche a
partecipare ad alcune gare internazionali (bellissima
l’esperienza di incontro tra ragazzi provenienti da
tutto il mondo o da tutta Europa!), e ha avuto anche
l’onore di pronunciare il giuramento dell’atleta di
fronte a migliaia di persone, durante la Cerimonia
di apertura dei Giochi Nazionali, a Roma nel 2005.
Ora non fa più attività sportiva a livello
agonistico, ma questa esperienza lo ha formato nel
fisico e nello spirito e sicuramente gli ha permesso
di crescere con più consapevolezza dei propri limiti
e delle proprie possibilità, credendo in esse».
Grazie al lavoro di tante
associazioni e volontari, grazie alle tante famiglie
di genitori “speciali”, grazie a coloro che come lei
offrono un forte aiuto, si può realmente diffondere
una cultura diversa nei confronti della disabilità?
«Se non credessi profondamente in questo, vana
sarebbe ogni parola, superflua ogni azione, così
come inutile il mio libro e ogni momento “speso” in
varie associazioni, con diversi ruoli a servizio di
un cambiamento culturale che è l’unico vero
obiettivo di questo agire a volte apparentemente
caotico, ma sempre orientato a dare ai nostri figli
– o a chi verrà dopo di loro – le stesse possibilità
di giocarsi
la propria umanità nel
mondo che ha chiunque altro. Ricordando quanta
strada è stata fatta da chi ci ha preceduto. Perché
ognuno di noi fa parte di un cammino, e questa
coscienza aumenta la dignità di ogni singolo gesto,
teso a cambiare in meglio la cultura della
disabilità».
Quali sono le sue speranze, i suoi
sogni per il futuro, per i suoi figli?
«Dopo tante parole, questa è una domanda che trova
nell’incredibile semplicità e brevità della sua
risposta la dimostrazione dell’universalità
dell’esperienza genitoriale. Cosa spero e sogno per
i miei figli? Una
vita serena,
possibilmente “piena” di affetti, “tentativamente”
felice. Il resto… è solo corollario».
Sta lavorando a un nuovo libro?
«In realtà non ancora, ma certo mi piacerebbe farlo,
magari stavolta più da “scrittore”, cioè inventando
storie capaci di trasmettere emozioni e idee, e
aprire le menti. Mi piacerebbe tanto provare a
scrivere un romanzo breve, che avesse per
protagonista una persona con disabilità
intellettiva-relazionale. Vedremo se ne avrò il
tempo e le capacità.
Ho notato con piacere che ultimamente diversi
scrittori stanno cominciando a confrontarsi
con questo tema e
la cosa mi rende felice, perché vuol dire che
comunque la disabilità “interessa”, coinvolge, non è
più relegata a tabù, ma inizia ad essere considerata
come unarealtà
“normale” della vita,
una cosa che può capitare, a tutti. E perciò
interessa tutti, non solo chi ne è colpito più o
meno direttamente.
Sarei felice di poter continuare a contribuire a
questo processo culturale attraverso la scrittura,
che è uno strumento potente, e forse il modo più
efficace che ho a disposizione nelle mie povere
capacità».
Come aquiloni… o quasi si
conclude con una splendida poesia di auguri per
tutti i nostri “Aquiloni”. Può dedicarci ancora un
“pensiero speciale” a conclusione di questa
intervista?
«Volentieri. Lo faccio proprio con la stessa poesia
che è citata nella domanda, in realtà una canzone,
visto che così è stata composta da me per dedicarla
a Marco, nato quasi cinque anni fa, figlio
secondogenito di un’amica che si è solo “avvicinata”
al mondo della disabilità dopo un’ipotesi di
diagnosi prenatale rivelatasi poi fortunatamente
infondata.
La canzone fa da contrappunto finale alle parole con
cui il libro inizia, che riporto qui di seguito: “‘I
figli sono come gli aquiloni, passi la vita a
cercare di farli alzare da terra’ (E.Bombeck). Ma
non tutti i figli voleranno via… liberi e soli come
è giusto che sia. Alcuni si impiglieranno nei rami
di un albero, altri, troppo goffi e pesanti, o forse
malcostruiti, a fatica si alzeranno da terra per
ricadere subito dopo voli brevi e certamente non
arditi, altri ancora magari riusciranno a volare… ma
non potranno mai ‘spezzare il filo’. La forza del
genitore sarà anche in quel caso quella di correre
insieme a loro… magari più piano, meno spesso, e
alla fine, quando correre non avrà più senso né
scopo, sedersi ed abbracciarli, con la tenerezza di
chi sa di aver fatto solo ciò che un genitore ‘deve’
fare: amare il proprio aquilone. (Alessandro Mosconi)”.
Ecco dunque la canzone, che è il mio augurio a tutti
i genitori, a tutti i bambini, a tutte le persone
che hanno il coraggio e l’allegra spudoratezza di
amare la vita:
“L’aquilone –
Bambino mio ti voglio raccontare / di una storia che
non hai sentito ancora / Perciò apri orecchie e
cuore questa sera, / a questo mio canto che sembra
una preghiera: / Ti ho donato la vita, ma a che
serve / se le mancherà la voglia di stupirsi… / No,
non dico oggi che per te ogni cosa è novità / ma se
l’abitudine ti invecchierà. / Ti ho donato poi un
corpo ma che importa / se userai della sua forza
solamente / per restare il primo, il più bello, e
non per servire chi / ultimo, di forte e bello non
ha niente? / Ti ho donato anche un cuore ma perché /
se non danzerai al ritmo del suo battito… / No, non
quello che fa sì che il sangue scorra nelle vene, /
Intendo il ritmo quotidiano del coraggio. / Ti ho
donato anche due braccia e poi due gambe / per
sbrigarti ad afferrare ciò che vuoi / ma non la
saggezza di guardarti dentro per scoprire / che con
esse puoi ‘andare incontro’ e ‘dare’. / Bambino mio
ti voglio raccontare / di una storia che non hai
vissuto ancora / Perciò apri orecchie e cuore questa
sera / a questo mio canto che si fa preghiera: / Ti
ho donato occhi, orecchie, naso e bocca / per godere
di tutto ciò che è bello / per sorridere e per
piangere, ma spero anche perché / siano sempre
‘porte’ aperte a tuo fratello. / Ti ho donato poi un
cervello ed una pancia / ma non l’armonia che può
legarle insieme. / Sì: ragione, istinto e calcolo,
paura e sentimento, / in un miracolo d’amore e
libertà / Ti ho donato un sesso, solamente uno /
anche se lo scoprirai che sono due, / perché (non
adesso) possa un giorno innamorarti di… / di
qualcuno che non sia tu stesso… ma di più. / Poi da
ultimo ti ho dato anche una lingua; / Sì lo so che è
ancora presto per parlare… ma spero che tu impari a
usare alcune semplici parole: / Grazie, scusa, ti
perdono, aiuto, Amore / Dio buono so… per te non è
cosa nuova, / ma se esisti e come dicono tu sei, /
prendi in braccio il mio bambino e poi stasera /
ascolta il canto di questa mia preghiera… / E se
vorrai, dagli ali per volare, / come un aquilone
libero nel vento / senza fili che lo tengano legato…
/ a me… che soffrirò, felice del suo volo. / Bambino
mio…”.
Mi rendo conto, rileggendo le mie
risposte, di essere stato forse un po’
“serioso-palloso” ;-), ma che dire? Le domande erano
troppo “importanti” per lasciarsi andare troppo
all’ironia. Ma non temete… il libro invece di
ironia ne è pieno,
perché essa è uno degli strumenti più efficaci che
abbiamo per guardare a situazioni apparentemente
tragiche con sereno disincanto, e sorridere alla
vita!
Se non ci credete… andate a leggervi l’ormai
“famoso” AbbeceDario,
nel sitowww.comeaquiloni.com dedicato
al libro, dove si troverà anche l’introduzione ad
esso, il trailer e alcuni tra i tanti giudizi dei
Lettori che si sono cimentati con il mio… “mattone”!
Grazie a Superando e in particolare a Laura Sandruvi,
che mi hanno offerto con professionalità e simpatia
l’opportunità e lo spazio per parlare un po’ del mio
libro e di ciò che sta dietro e dentro ad esso».
Tratto da
www.superando.it/2013/03/12/come-aquiloni-o-quasi/
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Nome*: |
Sara Rattaro - scrittrice |
Messaggio*: |
Mi sono imbattuta nel booktrailer-video e poi ho
iniziato a leggere il libro...toccava le mie corde e
sapevo che non avrei potuto far finta di nulla...il mio
istinto non mi ha tradita. Sto leggendo, pensando,
sorridendo ma sopratutto mi sto emozionando...ai miei
lettori e lettrici, sempre così sensibili, lo consiglio...grazie Alessandro
Mosconi
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Nome*: |
Irene |
Messaggio*: |
Volevo solo ringraziare per le emozioni
che mi ha regalato il libro Come aquiloni ... .. o quasi
.. grazie x qs testimonianza ... di qs grande atto di
amore verso la vita .. troppo spesso mi ritrovo ad
arrabbiarmi e a vedere solo le cose in superficie ..
grazie xche' mi ha dato modo di entrare in profondita'
con la vita che mi circonda.
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Nome*: |
Sara Rattaro - scrittrice |
Messaggio*: |
Ci sono mille motivi per leggere un libro
e sono tutti ottimi. A volte te li consigliano, altre
gli scegli. Poi ne trovi uno e ti chiedi perchè proprio
lui che non lascia traccia precisa di come sia giunto a
te. Lo inizi dopo poco, nonostante non sia breve, lo
termini. Poi ti accorgi di aver appena letto una storia
vera e questo ti fa bene e male nello stesso tempo come
sanno fare solo le bellissime storie difficili, dove
nulla è lasciato al caso, dove tutto ha senso.
"Come aquiloni....o quasi" è un
bellissimo libro scritto da Alessandro Mosconi. È la sua
vita. È la sua straordinaria famiglia. È lui.
Una storia da cui non sono riuscita ad
allontanarmi perchè la mia sensibilità a certi argomenti
me l'ha impedito, costringendomi a riflettere su quel
"...o quasi" di cui io stessa ho scritto molto, su cui
mi faccio continue domande. Ma Alessandro è stato più
bravo di me a trovargli una definizione, a dargli un
valore perchè ha parlato di sè stesso per raccontarci i
suoi figli, straordinari e imperfetti come tutti i figli,
come tutti noi.
Quante volte abbiamo creduto di non
essere all'altezza e poi ci siamo riusciti?
Ecco questo è un romanzo sul Riuscire a
vivere una vita piena, a trasformarla nella vita
perfetta che avremmo sempre desiderato.
Questa è una storia che avrei voluto
scrivere io, Sara Rattaro.
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Nome*: |
Daniela |
Messaggio*: |
Ho divorato il tuo libro "Come aquiloni... o quasi", e
ti ringrazio per aver condiviso con grande sensibilità
riflessioni e quotidianità in questo "manuale" per
genitori, abili e disabili, con la tua grande capacità
di metterti dall'altra parte, nei panni dei figli, da
padre appunto, nel senso più nobile del termine.
Chi ha avuto la fortuna di non vivere sulla propria
pelle o sulla pelle dei propri figli certi problemi di
disabilità, ha "bisogno" di un libro come questo, per
avvicinarsi e cercare di conoscere questo pianeta. Che
poi, in un certo senso, siamo tutti diversamente abili,
quindi questo libro è una testimonianza preziosa di
accettazione dell'unicità, della grandiosità e dei
limiti di ognuno.
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Nome*: |
Rosy |
Messaggio*: |
Ho iniziato a leggere un libro di cui ho sentito parlare
benissimo( anche le valutazioni sono tutte alte), una
storia vera. Certo, non è ...mozzafiato come Chattam, ma
commovente da morire.
Si chiama COME AQUILONI...O QUASI, ed è la storia di un
papà ed una mamma con tre figli, di cui due handicappati,
uno grave.
C'è molto da imparare da questa storia vera; per essere
banali: come gioire delle piccolissime cose, come
apprezzare i momenti buoni e sopportare con serenità
quelli cattivi...e tanto altro. Ma
ne parlerò alla fine.
Ho già sottolineato tante di quelle frasi!
Lo avevo comprato perchè mi interessava come insegnante
di sostegno, e mi rendo conto invece che lo dovrebbero
leggere TUTTI. Per dare più valore a ciò che di bello si
ha nella vita, e che spesso è scontato.
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Nome*: |
Rosy |
Messaggio*: |
Giorni fa mia figlia ha letto che la scrittrice Sara
Rattaro ( autrice di Un uso qualunque di te, Sulla sedia
sbagliata...) parlava con entusiasmo di questa storia, "
Come aquiloni ...o quasi".
Mi sono chiesta: -Perbacco, come mai non lo conosco?
Provvediamo subito.
Detto fatto; Google mi snocciola tutte le notizie che
voglio, e già capisco " a naso" che sarà il mio genere.
Con tutti i casi di bambini che ho seguito nel mio
lavoro e nella vita ( volontariato, ecc), già sento ...odore
di coinvolgimento emotivo! Beh vi assicuro amici: se voi
leggerete solo l'introduzione ( la spiegazione del
titolo, insomma) potrete capire ciò che intendo. Ora
sono circa a metà.
C'è , non molto prima, una foto tenerissima, del
primogenito Dario, ragazzo Down dalle mille capacità,
con la sorellina Marialetizia, dopo una " scalata" in
montagna, alla Grignetta , che dormono abbracciati, per
smaltire le fatiche della salita. l'ho guardata a lungo,
con commozione.
Mi incanta l'armonia che regna in questa famiglia ,
travagliata da tanti problemi.
Il senso di serenità e di accettazione.
Ma ne parlerò tra qualche giorno, a lettura finita.
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Nome*: |
Elisa Cannistraci |
Messaggio*: |
Mi accingo a scrivere questo commento ad un anno circa
dalla lettura del libro. Sentivo di volerlo fare, ma
forse, ora mi rimane il messaggio più vero, quello che è
sedimentato e non si scorda più. Un grande libro di una
grande, grandissima e normalissima famiglia. Questo è
quello che mi è rimasto il messaggio di una Vita
affrontata con grande coraggio, ma senza eroismi; fatta
di poesia, ma non stucchevole; grandi difficoltà gestite
con molta intelligenza e delicatezze impagabili e , da
non sottovalutare, il tutto valutato con un'obiettività
veramente da prendere come esempio per la propria vita.
Rassicurante avere delle persone così fra noi...
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