|
|
Recensioni
Dalla
prefazione del volume
“Non prendere
mai la vita troppo seriamente perché, comunque sia, non ne uscirai
vivo.”
Jim Morrison
Questo
aforisma così come questo libro intenso, sofferto, tormentato,
complicato, pensato - ma necessario e fortemente voluto dall’autore
-, è per chi ama la vita e per le persone che la vivono seriamente
senza mai rinunciare ad un pizzico di ironia. Perché il mio amico
Sandro è così: sensibile ma concreto, dubbioso ma significativo,
disincantato ma ottimista. Ottimista sì, perché l’essenza
dell’ottimismo non è soltanto guardare al di là della situazione
presente, ma è la capacità di stoppare con un fermo immagine momenti
di vita vissuta traendone forza vitale, la forza di sperare quando
gli altri si rassegnano, la forza di tenere alta la testa quando
sembra che tutto fallisca, la forza di sopportare gli insuccessi,
una forza che non lascia mai il futuro agli avversari perché il
futuro lo rivendica a sé ed ai suoi tre meravigliosi e sorprendenti
figli: Dario, Simone e MariaLetizia.
Milena
Portolani
Mamma di
Francesca
Autrice del
libro “E’ Francesc@ e basta”
Consigliere
dell’Ass. Pianeta Down
Recensione
del Premio Valentina
Premio speciale
della Giuria con Menzione d'onore
Un libro che raccoglie
cinque anni di frammenti di vita e di pensieri, di sogni, speranze,
ricordi, rimpianti di un padre accanto ai propri figli. Figli che
Alessandro Mosconi paragona , attraverso una magica intuizione, ad
aquiloni. Ma qui non si tratta di raccontare il vento che soffia
sulla vita di ragazzi che prima o poi prenderanno il volo. In questo
libro si racconta la storia di due figli diversamente abili, l’
avventura di due aquiloni che non scorgono l’ orizzonte. Restano
legati alla mano del padre. Una mano che si sente stretta da e a
quel filo. L’ autore parla di un rapporto paradossalmente
privilegiato, in cui nel bene e nel male, si assiste ad un
incredibile aumento dell’ intensità della propria vita; una vita
dove la gioia è più gioia, il dolore è più dolore. Un messaggio
forte, dal quale credo, ogni uomo possa trarre un profondo
insegnamento, lontano dal gusto corrente di proiettarsi sempre nel
domani: il senso della vita ci è dato dal vivere intensamente l’
oggi, con tutto l’ amore che ogni attimo ci elargisce. Concludo con
le parole dell’ autore: "A tutti gli aquiloni che prima o poi nella
vita hanno provato la paura e la gioia di spiccare il volo, il
dolore e la vergogna del fallimento schiantandosi a terra... e il
desiderio di riprovarci". Perché tutti i figli sono come aquiloni...
o quasi!
per la Giuria
Maria Collina,
scrittrice
Come aquiloni... o quasi - Il libro di Alessandro Mosconi
A volte ci si imbatte in persone, che vivono una vita, che non è ‘normale’,
cioè come nostro desiderio, ma è sempre vita; a volte ci si imbatte
in persone che possono farti capire che qualunque stato della vita è
vita; a volte ci si imbatte in genitori come Alessandro Mosconi, che
può affermare “La forza del genitore sarà anche in quel caso quella
di correre insieme a loro... magari più piano, meno spesso, e alla
fine, quando correre non avrà più senso né scopo, sedersi ed
abbracciarli, con la tenerezza di chi sa di aver fatto solo ciò che
un genitore ‘deve’ fare... amare il proprio aquilone”; a volte ci si
imbatte in figli come Dario Mosconi, che è felice per la vita che
ha. Da questi molteplici fattori abbiamo scoperto un libro, ‘Come
aquiloni… o quasi’ (www.comeaquiloni.com), che ha vinto molti premi
(2° premio assoluto e medaglia d'argento al ‘X Concorso Nazionale
Diaristico F.M.Tripolone’, nel 2011; Premio della Giuria con diploma
e menzione d'onore al 1° edizione del ‘Premio letterario Valentina’,
nel 2011; finalista e secondo classificato ex-aequo al 2° concorso
letterario ‘Dare alla luce, accogliere al mondo’; 2° classificato al
Concorso letterario ‘Nati per vincere?’, nel 2010; vincitore del
Contest ‘Write! Award’ Eni nel 2010. L’autore è nato a Monza nel
1958. Di professione geologo, ha iniziato a scrivere per raccontarsi
e raccontare la sua esperienza di padre di tre figli, di cui due
nati con diversi tipi di disabilità congenita di origine casuale.
Il libro rappresenta una sorta di grido di speranza e di dolore
insieme, che prendendo origine dal racconto per episodi della
quotidianità, affronta con serietà ed ironia il tema della diversità
e riflette sui sentimenti contrastanti che essa genera in chi la
vive di riflesso ogni giorno, o la sfiora casualmente anche solo per
un attimo. La scrittrice Maria Collina, nell’assegnazione del Premio
speciale della Giuria con menzione d’onore del premio ‘Valentina’ di
Ascoli Piceno, in memoria di Valentina De Benedictis, ha affermato:
“In questo libro si racconta la storia di due figli diversamente
abili, l’avventura di due aquiloni che non scorgono l’orizzonte.
Restano legati alla mano del padre. Una mano che si sente stretta da
e a quel filo. L’autore parla di un rapporto paradossalmente
privilegiato, in cui nel bene e nel male, si assiste ad un
incredibile aumento dell’intensità della propria vita; una vita dove
la gioia è più gioia, il dolore è più dolore. Un messaggio forte,
dal quale credo, ogni uomo possa trarre un profondo insegnamento,
lontano dal gusto corrente di proiettarsi sempre nel domani: il
senso della vita ci è dato dal vivere intensamente l’oggi, con tutto
l’amore che ogni attimo ci elargisce”.
Da questa nostra ‘curiosità’ appassionata abbiamo cercato l’autore e
gli abbiamo posto alcune domande, alle quali cordialmente e
tempestivamente ci ha risposto.
Come aquiloni... o quasi: come è nato il libro?
“Il libro è nato da una sorta di “urgenza” di mettere in ordine
sentimenti, vissuti, piccoli episodi quotidiani e significativi che,
hanno caratterizzato la mia esperienza di padre di tre figli, due
dei quali con diverse disabilità intellettivo-relazionali. Perché un
libro, specie se di questo genere, si scrive prima di tutto per sé…
e solo poi anche per gli altri. Per raccontare loro che oltre il
dolore, la fatica, le difficoltà che sicuramente accompagnano la
vita di un figlio disabile e della sua famiglia, c’è di più… molto
di più. C’è innanzitutto la coscienza che vivere da disabile o ‘con’
un disabile ‘si può’… e c’è la consapevolezza di un’umanità preziosa
che spesso non viene valorizzata solo per paura, non conoscenza,
imbarazzo. Raccontandomi come genitore ho cercato di gettare un
piccolo ponte tra due mondi che spesso comunicano troppo poco e
male… affinchè la conoscenza reciproca li avvicinasse un po’ di più.
Con crudele onestà, ma anche con serenità ed un po’ di sana e
doverosa autoironia, indispensabile e abituale compagnia di tante
famiglie che si trovano a vivere in questo ‘mondo’ un po’
particolare.
Concretamente il libro è stato realizzato mettendo insieme in una
sorta di patchwork un po’ caotico e solo apparentemente privo di un
filo logico, frammenti di vita e riflessioni scritti negli ultimi
6-7 anni in un forum su internet dedicato alla disabilità
intellettiva, con particolare riferimento alla Sindrome di Down,
quella che ha mio figlio Dario, il maggiore, di 24 anni (www.pianetadown.org).
Il titolo del libro prende spunto da un famoso brano di Erma Bombeck
che paragona i figli a degli aquiloni, ed i genitori a chi regge il
rocchetto del filo con la coscienza che giorno dopo giorno, con
gioia e dolore insieme, deve lasciare andare sempre più filo… per
realizzare pienamente il proprio compito, fino a quando l’aquilone
potrà volare solo, come è giusto che sia. Il ‘quasi’ ovviamente
esprime il fatto che a volte, dolorosamente, questo volo ‘libero’
non è pienamente realizzabile… anche se parzialmente ‘possibile’”.
Cosa vuol dire raccontare la quotidianità della famiglia con due
figli disabili?
“Per me ha significato essenzialmente riconoscere l’importanza di un
cammino interiore, un grido di dolore e di speranza insieme, che mi
ha portato ad essere quella persona e quel genitore che sono qui ed
oggi; un cammino che è costellato di sentimenti contrastanti, non
sempre edificanti nella loro natura, ma ugualmente importanti. E
siccome sono convinto che pur essendo assimilabile ad un grande
romanzo la vita è in realtà fatta di singoli episodi che ci svelano
qualcosa… in una sorta di collezione di piccole ‘epifanìe’
successive… questo è lo stile che ho scelto per descrivere la mia
coscienza di genitore e raccontarla a chi mi leggerà.
Con lo scopo ultimo che già dicevo prima… di mostrare a tutti
l’incredibile o quantomeno insospettata ricchezza di ogni persona,
che si nasconde ‘anche’ ad esempio nell’umanità violata di un
disabile grave (quale Simone, il nostro secondo figlio oggi ventenne,
nato con una malformazione cromosomica molto rara ed anch’essa
casuale, la Sindrome di Wolf-Hirshorn). Credo di aver imparato dai
miei figli, tutti e tre, compresa Marialetizia la nostra ultima
figlia undicenne, capace di sciogliermi solo con uno sguardo… che la
vita è un valore assoluto. Ognuno di loro me lo ha mostrato
chiaramente, nei modi e con i mezzi che gli sono più congeniali e
possibili, e questo è ciò che presuntuosamente vorrei ‘trasmettere’
con il mio libro”.
Nell'abecedario del libro alla lettera C ci sono due parole come
Castrati e Coscienti. Come affrontare il tema sessuale con i figli
disabili?
“Con onestà e naturalezza, guardando alle loro esigenze sessuali,
siano esse istintive e/o affettive, come al naturale desiderio di
pienezza di umanità che c’è in ognuno di noi, e che in ognuno di noi
trova forme e modi differenti per esprimersi. Fino a poco tempo fa
si pensava ad esempio che le persone Down non fossero capaci di
sentimenti… niente di più falso. E la dimensione affettiva della
sessualità è una realtà oggi sempre più presente e riconosciuta
nella loro realtà. Ma va accompagnata con maggiore attenzione,
professionalità e delicatezza, senza atteggiamenti ‘rivendicatori’
che affermando un’uguaglianza che di fatto non esiste… diano per
scontato il diritto ad una sessualità ‘normale’. Questo vale sia per
ciò che riguarda la sessualità che si esprime attraverso la
corporeità, che quella ‘progettuale’ (il desiderio di sposarsi,
formare una famiglia, fare figli…).
Ovviamente tutto questo nel caso della disabilità
intellettivo-relazionale, deve necessariamente confrontarsi con il
concetto di ‘responsabilità’, di ‘coscienza’ dei propri pregi e
limiti, della capacità o meno di ‘prendersi cura di’… e così via. Ma
è un cammino possibile e doveroso, in cui ogni persona con l’aiuto
della famiglia, di una società priva di pregiudizi e di persone
professionalmente capaci e preparate ad accompagnarli in questo
cammino delicato ma bellissimo, può trovare un suo personale
equilibrio ed un suo modo di realizzare la propria sessualità
possibile. Senza preclusioni e pregiudizi, ma anche senza forzature”.
All'inizio del libro c'è una frase di Jim Morrison. In quale modo
bisogna affrontare la vita?
“La frase in questione è questa: ‘Non prendere la vita troppo
seriamente perché, comunque sia, non ne uscirai vivo!’ ed è stata
riportata nella prefazione dalla carissima amica che l’ha scritta
dopo aver letto il mio libro, dicendo che essa rispecchia il mio
modo di scrivere… e di conseguenza… di vivere: un grande complimento.
Credo che l’ironia, specie l’autoironia… il saper ridere di se
stessi, delle proprie debolezze e limiti, anche tristemente a volte,
oltre che essere necessario per dare la giusta dimensione alle cose…
sia anche salutare, ed aiuti ad affrontare la vita con il giusto
spirito.
E’ così per tutti… figuriamoci per chi ogni giorno deve confrontarsi
dolorosamente con l’evidente e crudele coscienza dell’imperfezione
del mondo, attraverso lo sguardo dei propri figli che si specchia,
inevitabilmente, nel suo. Certo deve essere un’ironia non fine a se
stessa, e quindi non “totalizzante”, come nemmeno lo devono essere
il dolore, la rabbia, la nostalgia, oppure l’ottimismo irragionevole
o il sorriso che si alternano o si sovrappongono nella vita di ogni
genitore ‘disabile’. E questo ho cercato di trasmettere nelle quasi
500 pagine del mio libro”.
Fonte: korazym.org – Simone Baroncia
Le
nostre vite come viaggi in camper: Non c’è mai un punto d’arrivo
La rabbia, e la bellezza, di avere un figlio disabile.
di
Sara De
Carli
«I figli sono
come gli aquiloni, passi la vita a cercare di farli alzare da
terra». Alessandro Mosconi per raccontare la sua vita di «papà
disabile» parte citando una comica, Erma Bombeck. Lui però sa che ci
sono anche figli che non voleranno mai via e che il filo, quando si
spezzerà, sarà perché il vento è stato più forte dell’aquilone.
Alessandro, 53 anni, geologo di Monza, ha tre figli: Dario di 24
anni, Simone di 20 e Maria Letizia di 11. Dario e Simone sono
disabili, per una roulette genetica assolutamente casuale ma
imprevedibilmente ostinata. Dario ha la sindrome di Down, una
fidanzata, e lavora come aiuto cuoco nel più lussuoso hotel della
città. Simone invece ha la sindrome di Wolf-Hirshorn: a vent’anni
pesa 40 chili, non parla, non cammina, soffre di epilessia, sventola
la bavaglia per dire che ha fame, «ma quando mi afferra con lo
sguardo e fa quei suoi gridolini di gioia ne vedo tutta la bellezza
e sono sicuro che anche la sua è una vita degna».
Con il loro
camper un po’ sgangherato sono saliti in cima all’Etna e
all’Acropoli di Atene: «La nostra vita è come un viaggio in camper,
programmata quanto basta ma sempre aperta ai cambiamenti, voluti o
forzati», ha scritto Mosconi nel suo libro,
Come
aquiloni... o quasi
(edito da Tracce).
La rabbia «c’è, ma ha senso? Con chi dovrei prendermela, con il caso?
E poi non aiuta ad avvicinarti al mondo dei normali, cosa di cui
invece c’è un disperato bisogno». Come di informazioni: «Le leggi ci
sono, se chiedi ottieni, ma il problema è che nessuno ti dice quali
sono i tuoi diritti», spiega Mosconi.
Consci che dalla
A di aquilone alla Z di zigulì, come sintetizza, «essere genitori è
un viaggio, non una meta».
Fonte: VITA – Sara De Carli
Alessandro
Mosconi - Come aquiloni… o quasi
di Enza Conti
Ho avuto la fortuna di
conoscere personalmente l’autore, Alessandro Mosconi, e la sua
famiglia, e questo sicuramente mi ha fatto accostare alla lettura
del suo libro in modo diverso, confesso con un po’ di timore perché
ho capito che in quelle pagine c’era la storia vera di una famiglia
speciale, che ogni giorno lotta per raggiungere nuovi traguardi. Già
il titolo racchiude una forte simbologia, cioè la voglia soprattutto
di libertà, quella che l’autore vorrebbe per i propri figli e
soprattutto per Dario e Simone, entrambi diversamente abili. E nel
prologo si legge: “I figli sono come gli aquiloni, passi la vita a
cercare di farli alzare da terra. Corri e corri con loro fino a
restare tutti e due senza fiato”.
Si tratta di una breve frase che racchiude
l’intero contenuto del lungo racconto di vita, perché le esperienze
della famiglia Mosconi fanno riflettere su come la vita, quando meno
te lo aspetti, ti mette alla prova senza lasciarti la possibilità di
scelta, soprattutto quando sono i figli ad essere travolti dalle
avversità della vita. Spesso, leggendo le pagine, un nodo sale alla
gola in quanto nella storia quotidiana della famiglia Mosconi c’è la
realtà fatta di tanti enigmi, di lotte, di sogni spezzati, ma c’è
soprattutto il desiderio di continuare e prendere atto che la vita è
un bene prezioso. Quindi l’Autore, descrivendo le sue esperienze,
capovolge il suo ruolo, anziché chiedere coraggio dà coraggio e
desta coloro che non apprezzano ciò che hanno ricevuto in dono,
perché i figli sono dei doni, anche quando il cuore è distrutto
mentre si è in attesa ore e ore dietro una porta d’ospedale nella
speranza di una lieta notizia.
In Come aquiloni… o quasi (ed. Tracce,
dicembre 2010, pp. 491, euro 25,00) c’è un grido d’amore, quello di
due genitori che con grande coraggio hanno cambiato i propri
obiettivi, la propria giornata e programmato un nuovo futuro,
completamente diverso, ma comunque rafforzato da un grande obiettivo:
vivere ogni giorno donando, donando amore. Una storia autobiografica
che fa molto riflettere perché pone il lettore di fronte a messaggi
forti e veri, così come è vero il dolore raccontato dall’Autore
quando apprende che il primo figlio è affetto dalla sindrome di
Down, un ragazzo che parla con gli occhi ed ha tanto da insegnare
agli altri. Oggi Dario è un ragazzo che lavora, fa sport ha una sua
vita affettiva e giorno dopo giorno fa sempre nuove conquiste.
Ma per la famiglia Mosconi altra grande prova
giunge con l’arrivo del secondo figlio, nato con la rarissima
sindrome di Wolf-Hirschorn, una nuova creatura da guidare, anche se
in questo caso la grande preoccupazione è la non autosufficienza di
Simone. L’Autore mentre ripercorre la vita del proprio figlio dà la possibilità al
lettore di conoscere un’altra dimensione della vita, quella fatta di
sacrifici, di momenti di scoraggiamento e dubbi soprattutto quando
si pone la domanda: cosa ne sarà della sua famiglia quando sia lui
che la moglie non potranno più seguire quella famiglia speciale? Ma
l’Autore ci insegna che non bisogna mai farsi sopraffare dalla
stanchezza emotiva, così rimuovendo la parte più triste dei pensieri
continua a progettare nuove esperienze per i sui ragazzi. È un grande regalo per i
due genitori l’arrivo a “sorpresa” di Marialetizia, ragazza
superdotata e felice di essere un membro di una famiglia speciale.
Nel racconto-diario tante le esperienze
descritte, sia negative che positive, come le gite in camper alla
scoperta di nuove dimensioni ed emozioni. Tante le pagine riversate
alle riflessioni, riflessioni che resteranno dentro l’animo del
lettore come la frase: “Credo che ognuno ha il diritto di gridare all’ingiustizia subita in rapporto ai problemi
dei nostri ragazzi, perché questo grido è in fondo un grido d’amore
per la vita e per i propri figli”. Ci sarebbero tantissime frasi da
riportare, in quanto ogni pagina è una vera e propria fonte di
contenuti, lettere, esperienze, amarezze, domande sulla fede, sulle
scelte di vita, i traguardi sportivi e lavorativi di Dario, la
certezza di poter contare su Marialetizia e tanta carica emotiva,
sono tutti elementi che mettono in evidenza il vero valore della
famiglia, tant’è che tutti i componenti sono coautori. La storia
vera e vissuta dai Mosconi ha tanto da insegnare al lettore “comune”.
Un libro da leggere e da interiorizzare,
perché è in grado di far rivedere la vita, gli assurdi pregiudizi e
invita a degli “esami di coscienza”, perché ogni persona ha delle
qualità e dei sentimenti. A spiegare ciò sono queste poche righe
estrapolate dal libro: “Se incontrerete per strada un personaggio un
po’ strano, un OCM come quelli descritti in queste pagine, non
sarete subito sopraffatti dal desiderio di voltare lo sguardo, non
per disprezzo, ma per semplice incapacità di sapere e capire cosa
fare, cosa dire… se sorridere senza imbarazzo a lui o lei e
scambierete due chiacchiere senza pregiudizi né buonismo e
compatimento, allora il libro avrà avuto per voi un significato…”.
Ed è per questo che vi invito a leggere Come aquiloni… o quasi,
perché ha tanto da insegnarci. Il libro è stato pubblicato in
collaborazione con l’Associazione pianeta Down, l’Associazione
Capirsidown e con l’Associazione italiana Sindrome di Wolf-Hirshorn.
I proventi derivanti dai diritti d’autore andranno alle tre
associazioni per la promozione di iniziative divulgative e sociali.
www.pianetadown.org;
www.capirsidown.it ;
www.aisiwh.it .
da: Il Convivio Anno XIII n. 1 Gennaio - Marzo
2012 n. 48 12
L'intervista su "scrittorevincente"
1) Spiegaci in poche parole chi sei, cosa ami fare e qual è
il ruolo della scrittura nella tua vita.
Mi chiamo Alessandro Mosconi, ho 53 anni, di professione geologo,
sposato da 29 e con tre figli di 25,21 1 12 anni, due dei quali
con diverse disabilità intellettive relazionali di origine
genetica casuale (non ereditaria)
Amo molto la musica, la montagna, la letteratura… sia letta che…
scritta! ;-). Con particolare riferimento a quest’ultima… sono
convinto che leggere e scrivere siano un’attività praticamente “unica”,
perché in fondo, come in tutte le forme d’arte i messaggi che un
libro suscita sono un inestricabile intreccio tra ciò che chi ha
scritto voleva raccontare nel momento in cui ha scritto… e ciò
che queste cose suscitano in chi le legge, nel momento in cui
legge. In altre parole… ogni libro ha una vita propria… anzi,
innumerevoli vite, dinamicamente sempre uguali e al tempo stesso
diverse a se stesse… una per ogni coppia autore-lettore.
Con questa coscienza forse, e grazie al desiderio di raccontare
e raccontarmi che nasceva essenzialmente dall’esperienza
totalizzante della paternità, ho deciso un giorno che forse
valeva la pena di provare a mettere su carta e trasmettere ad
altri ciò che la vita nel bene e nel male mi ha “raccontato”
fino a qui.
2) Qual è stato il percorso che ti ha permesso di pubblicare
il tuo libro?
Il mio libro, “Come aquiloni… o quasi”, edito da Tracce ed
uscito a gennaio 2011, è stata la naturale “conclusione” di un
percorso di condivisione di esperienze e sentimenti nato su
internet, in un forum di genitori che vivevano esperienze simili
alla mia. In esso infatti sono raccolti quasi 5 anni di scritti,
tra l’ironico e il serio, tra la riflessione ed il faceto. Ad un
certo punto mi sono reso conto che la mia “produzione” aveva
raggiunto, oltre che una mole considerevole… anche una sua
logicità e consequenzialità, una specie di “cammino” virtuale
che chiedeva solo di essere compreso prima, ed organizzato poi
in modo sistematico.
Una volta effettuata questa operazione, ho proposto il
manoscritto ad una serie di editori. Tra i contratti che mi sono
stati proposti, solo uno si discostava dai classici canoni dell’
EAP, con delle clausole molto vantaggiose sia per quanto
riguardava le % riconosciute sui diritti d’autore, che
soprattutto per la “libertà” che mi veniva lasciata di disporre
della mia opera anche in forme diverse, non strettamente legate
all’editore stesso. L’”urgenza” interiore che in qualche modo
chiunque abbia scritto qualcosa conosce bene, ha fatto sì che
non ci pensassi più di tanto ed accettassi l’offerta di Tracce
senza attendere ulteriori possibili proposte. Indubbiamente
un’ingenuità da “novellino” nel mondo editoriale, ma che
comunque è una scelta che ancora oggi mi sembra sia stata giusta
ed opportuna.
3) Come sei riuscito a vendere così tante copie? Mi spieghi
la strategia che hai adottato?
La strategia, se così si può in realtà definire la serie di
iniziative intraprese a livello personale più “intuitivamente” e
per approssimazioni successive che non seguendo precisi piani
studiati a tavolino, è stata molto semplice. Promozione
“anticipata” rispetto all’uscita del libro, attraverso strumenti
tradizionali e con messaggi “mirati” ad ambienti potenzialmente
interessati all’argomento e, ovviamente, ad amici e conoscenti.
Costruzione di un sito internet dedicato, sul quale sono stati
inizialmente riportati l’introduzione del volume, i brani
contenuti all’inizio di ognuno dei 24 capitoli e un book-trailer
video che lanciasse il messaggio principale contenuto nel libro,
cercando di incuriosire il potenziale lettore. Una volta uscito
il libro il sito si è mano a mano arricchito con un modulo di “prenotazione-acquisto”,
e di link ai principali siti online in cui il volume poteva
essere reperito, di una sezione di commenti dei lettori e così
via…
Parallelamente ho proposto il libro personalmente ad alcune
librerie della mia città (con alterna fortuna), e promosso
l’opera attraverso alcune presentazioni, sempre molto “mirate”
rispetto al target di riferimento che immaginavo più facilmente
raggiungibile.In queste occasioni ho avuto sicuramente i
maggiori riscontri di vendita; il contatto con i lettori
potenziali è ancora a tutt’oggi a mio parere ineguagliabile,
anche se ovviamente molto dispendioso in termini di energie. Ho
poi parallelamente partecipato a diversi concorsi letterari per
volumi editi, avendo la fortuna di ricevere diversi
riconoscimenti, che sono andati naturalmente ad arricchire le
pagine del sito web. Più tardi ho anche creato una pagina face
book, facente capo al mio profilo personale, con lo scopo di far
conoscere a più persone possibile l’esistenza del mio volume.
Qualche (limitata e molto artigianale) campagna di bulk-mailing
ha poi completato l’opera. La prima tiratura del libro è andata
esaurita dopo circa dieci mesi, e l’editore, dopo avermi versato
i relativi diritti d’autore come da contratto (cosa non scontata…
parlo per esperienza, avendo già collaborato alcuni anni fa alla
pubblicazione di un volume con un editore apparentemente “serio”,
che poi non versò nemmeno un euro di diritti all’associazione
cui i vari autori che avevano contribuito a quel volume avevano
ceduto i proventi derivanti dagli stessi, nonostante le più di
duemila copie vendute), ha provveduto a ristampare una seconda,
più limitata, tiratura (il libro è comunque un libro “di nicchia”,
visto l’argomento).
4) Stai pensando a un futuro in cui la scrittura diventerà
sempre più importante per te oppure la scrittura sta solo occupando
una parentesi temporanea della tua vita?
Sinceramente non lo so. Certo se fosse soltanto una parentesi
temporanea, sarebbe comunque una parentesi importante ed
altamente significativa. Ma credo che questo lo chiarirò
solamente… vivendo.
5) Quali sono le difficoltà più grandi che hai incontrato (e
che stai incontrando) nella promozione del tuo libro?
Direi essenzialmente che le difficoltà sono di duplice natura.
La prima è sicuramente il fatto che pubblicando con editori “minori”,
tutto il lavoro di promozione (se si escludono alcuni comunicati
stampa inviati a giornali, ed una ventina di copie inviate a
titolo gratuito per possibili recensioni), è praticamente a
carico dell’Autore. La seconda, strettamente legata ad essa, è
che l’Autore, ed io in particolare, ama “scrivere” di solito, e
se deve scegliere come impiegare il poco tempo libero che ha a
disposizione nei ritagli di giornate comunque troppo piene di
“altro” (alzi la mano chi può dire di riuscire a “mantenersi”
con la scrittura! ;-))… al “marketing” preferisce generalmente
la scrittura stessa.
Rimane tuttavia la “voglia” di promuovere il libro, sia per dare
la più ampia diffusione possibile ad un messaggio che io e le
realtà che mi hanno sostenuto in questo cammino riteniamo
importante, sia perché, comunque, i proventi derivanti dai
diritti d’autore andranno tutti devoluti a tre Associazioni che
si occupano di disabilità intellettivo-relazionale. E questo già
basterebbe ad impegnarsi un po’ di più di quanto in realtà io
stia già facendo.
6) Stai pensando in futuro di autopubblicarti sfruttando le
nuove piattaforme per il self-publishing come ad es. Amazon?
In realtà… l’ho già fatto. E’ stato il naturale passaggio,
consentitomi tra l’altro come dicevo sopra, da un contratto
editoriale che mi lasciava la più completa libertà in questo
senso. Essendo perciò lo scopo principale della pubblicazione
del mio volume una diffusione la più ampia possibile, non appena
esaurita la prima tiratura del volume, ho autoprodotto il volume
in formato epub attraverso la piattaforma narcissus, e l’ho
messa in commercio su tutte le principali librerie on-line
dedicate, compresa naturalmente Amazon per Kindle. Il risultato
grafico è ottimo… i riscontri di vendite in questo momento
dicono che probabilmente il mercato non è ancora pienamente “maturo”.
Tuttavia io credo molto in questo nuovo modo di leggere (ormai
personalmente leggo quasi solo esclusivamente e-book; troppi i
vantaggi a fronte degli innegabili svantaggi), e continuerò a
spingere per valorizzare questa “fetta” di mercato.
7) Quanto è importante secondo te la promozione per il
successo di un libro?
La promozione è sicuramente fondamentale per il successo di un
libro, ma questa non è certo una novità. Quello di cui questo
particolare settore avrebbe bisogno è secondo me la presenza di
agenzie capaci di fornire una serie di servizi ai piccoli
editori o anche direttamente agli autori che si auto-pubblicano
(che spesso non hanno tempo-voglia di “investire” il loro tempo
in attività di promozione) su base assolutamente “gratuita”, con
dei contratti basati esclusivamente sugli introiti derivati
dall’indotto derivante dell’attività di promozione, ovviamente “tracciabili”.
Intervista di Emanuele Properzi - Giugno 2012
“Come aquiloni …o quasi” di Alessandro Mosconi – a
cura di Marzia Carocci
Qui il link originale
Un diario senza retoriche e banalità, pagine ricche ed
emozionali, vere come vera è la vita con i propri drammi e gli
ostacoli che cercano di piegare, di inginocchiare, di arcuare
l’esistenza stessa senza dare a volte il tempo di riflettere o
di organizzarsi immediatamente.
“Come
aquiloni …o quasi” è
un libro che insegna e che aiuta a riflettere; un libro/verità che
schiaffeggia, accarezza, colora e rabbuia, ma il tutto abbracciato
da un continuo cantico di speranza e forza che certamente porterà il
lettore a comprendere quanto ci sia oltre la vita “normale”
Alessandro Mosconi, di professione geologo, racconta
della propria esperienza di padre con tre figli, due dei quali con
diverso tipo di inabilità, attraverso le responsabilità, le paure, i
dubbi , le angosce, ma anche forte di quella ricerca di senso e di
essenza nella vita dei propri figli, conscio che avranno comunque
sempre limiti e margini che non potranno mai superare.
Intense pagine di devozione, dove l’autore spiega i progressi e le
fatiche che i suoi ragazzi hanno dovuto fare, ci condurrà nella
conca del proprio sé, dove confiderà al lettore la rabbia provata,
le delusioni sentite, i
pentimenti di avere spesso chiesto di più, ma tutto in nome
di quell’amore che dalle pagine sprigiona ad ogni sillaba, ad ogni
virgola, in ogni espressione; l’amore come unica condizione alle
richieste ed all’impegno dei suoi ragazzi.
L’autore spesso rifletterà e s’imporrà quesiti dandosi spesso le
risposte trovate forse anche grazie a questa scrittura che ha
certamente fatto riaffiorare
tutti gli atteggiamenti, le prove, i sorrisi e i pianti di
chi, con lui ed attraverso lui, ha dovuto vivere l’esperienza di
una vita certamente non facile e sicuramente sconosciuta ad una
società che vive della disabilità un disagio inespresso.
L’uomo, spesso per timore, per
inadeguatezza, per superficialità o proprio per difficoltà
all’accettazione di quello che si definisce “anormale”, non riesce
ad esprimere e condividere con chi vede “diverso” , restando così
impotente al dialogo e alla condivisione di chi crede, non a
ragione, impossibilitato alla comprensione.
Il tragitto che Alessandro Mosconi intraprende con la scrittura, è
un mosaico di vita che ci porterà a vedere oltre quel “limite” con
il quale siamo abituati a vedere , egli ci
presenterà i suoi tre figli; Dario, Simone e Marialetizia
con l’orgoglio naturale di un padre che ci racconterà della dolcezza,
bontà, tenerezza che questi ragazzi , ognuno a loro modo, sanno
elargire senza richiesta alcuna, senza aspettativa, ma solo perché
“recipienti” di amore e di dolcezza innata.
Il lettore si commuoverà, sorriderà e tiferà ogni volta che
questi ragazzi conquisteranno quel gradino in più che li farà
sentire come gli altri, insieme agli altri con un padre tifoso e
sempre presente, un padre che sa dire si, ma che è riuscito con
l’amore a dire anche quei no , importanti alla crescita psicologica
dei figli che proprio grazie anche a quelle negazioni, hanno
compreso ed accettato certi limiti, proiettando su altre strade le
affermazioni possibili.
Un libro che dovrebbe essere distribuito ad ogni famiglia dove
spesso non
c’è dialogo con i propri figli, dove non v’è presenza,
confidenza, un libro che apre le coscienze , che scuote i luoghi
comuni , un libro che ci pone alcune domande:
Cosa è la normalità? Come possono un uomo ed una donna, di punto in
bianco reinventarsi una vita, dimenticare le proprie esigenze,
bisogni, desideri se non fosse per l’unico collante al mondo che è
l’amore?
Un libro che è formato da tante storie di una famiglia speciale e
non diversa,
una famiglia che nel proprio nucleo ha dato il passo all’essenza del
vivere, al valore del sentimento, della felicità che si può
costruire con pazienza, determinazione, fatica e tanto, tanto
interminabile amore , e che grazie a quell’amore incondizionato ,quegli
“aquiloni”, si sentiranno se non liberi di volare come vorrebbero,
sicuramente liberi di volteggiare certi, che quel filo , li terrà
con mani solide , permettendo loro comunque uno splendido volo
nell’azzurro della vita.
Written by Marzia Carocci
apollinaire.mc@libero.it
“Come aquiloni …o quasi” di Alessandro Mosconi
– di Lara Colombo
Questo libro è un Tesoro, di quelli autentici,
inestimabili e difficilissimi da trovare. Ma tu, lettore, hai la
possibilità di averlo facilmente tra le mani.
Forse non sarà facile racimolare il coraggio e
l'energia necessari per tuffarsi in mezzo a onde così alte e
travolgenti (e numerosissimi puntini di sospensione!), ma sono certa
che ne valga la pena, perchè qui dentro ci sono delle emozioni tali
da ribaltarti la vita e renderla molto più limpida e incantata.
Ci sono sorrisi e gioie da lasciare senza fiato,
lacrime così tenere da sentirsi sciogliere fisicamente il cuore,
rabbia e dolori tali da regalarti la capacità di spaccare il mondo.
Hai a portata di mano un Tesoro raro e reale.
Io ne approfitterei...
Lara Colombo - Libri e Libri Monza
Come aquiloni… o quasi - Intervista di Laura Sandruvi
su Superando
Intervista ad Alessandro Mosconi di Laura
Sandruvi
Più di
mille copie vendute e già numerosi riconoscimenti e premi, sono
il lusinghiero bilancio di “Come aquiloni… o quasi”, il libro
con cui Alessandro Mosconi, genitore di due figli con disabilità
intellettiva, ha cercato di fornire il proprio contributo a
cambiare la mentalità corrente. Lo abbiamo incontrato, per
parlare di disabilità, sessualità, fede religiosa, scuola, sport
e molto altro ancora
Geologo di
professione, Alessandro
Mosconi, cinquantaquattrenne
monzese, «ha iniziato a scrivere – come si legge nel sito dedicato
al suo libro – per raccontarsi e raccontare la sua esperienza di
padre di tre figli, di cui due nati con diversi tipi di disabilità intellettiva congenita
di origine casuale». Dopo avere pubblicato nel 2006 Come
pinguini nel deserto (Del
Cerro Editore; riedito nel 2011 da Morellini), insieme ad
altri genitori, nel 2010 ha
dato alle stampe Come
aquiloni… o quasi (Tracce
Editore), sorta di grido di speranza e di dolore insieme, che
prendendo origine dal racconto per episodi della quotidianità,
affronta con serietà e al tempo stesso con ironia il tema della
diversità, riflettendo sui sentimenti contrastanti che essa
genera in chi la vive di riflesso ogni giorno, o la sfiora
casualmente anche solo per un attimo.
Strutturato in modo molto particolare, con un’ampia parte
dedicata al cosiddettoAbbeceDario (s)ragionato
sulla Sindrome di Down e la disabilità in genere,
il libro ha già venduto più di mille copie – risultato non certo
trascurabile – ottenendo anche numerosi riconoscimenti,
ultimo dei quali il Premio Speciale
Romanzo Testimonianza alla
seconda edizione del Concorso Città di Pontremoli (premiazione
in programma il 7 aprile nella città toscana).
Quando e come è nata l’idea di scrivere questo
libro, unico per le sue caratteristiche strutturali, grazie ad
esempio all’AbbeceDario e
al Pensatoio?
E come è nata questa passione per la scrittura?
«Il progetto di Come
aquiloni… o quasi ha
preso corpo “a posteriori”, quando mi sono accorto che in più di
sei anni di scrittura su diversi forum in internet che si
occupano di disabilità (specialmente nel sito dell’Associazione Pianeta Down),
avevo accumulato una quantità tale di racconti, esperienze e
riflessioni sulla disabilità vissuta “dalla parte del genitore”
che, oltre a coprire una buona parte dello spettro di domande e
dubbi che una persona si pone, incontrando la disabilità nella
sua vita, forse meritava di essere condivisa anche in una forma
diversa dallo scritto estemporaneo, per essere accessibile a
tutte quelle persone che non hanno particolare confidenza con
l’utilizzo dei moderni strumenti informatici o voglia di
mettersi in gioco in prima persona in un forum di discussione.
Proprio per queste ultime ho pensato in particolare che il mio
sforzo potesse essere utile, mettendo a disposizione l’essenza
del mio vissuto genitoriale,
affinché chi vive esperienze simili alla mia o per qualsiasi
ragione desideri confrontarsi con il tema della disabilità
intellettiva-relazionale e fisica, possa trovare conforto nel
riconoscere di non
essere solo a
provare determinati sentimenti (non sempre positivi!) e possa
sperare in un futuro concreto di difficile immaginazione –
realizzatosi in vite “reali” – oltre a trovare spunti di
riflessione per interrogarsi sui propri atteggiamenti nei
confronti della disabilità.
Per trasformare il tutto in un libro, non ho dovuto fare altro
che “organizzare”, con un minimo di logica e sequenzialità, i
miei scritti, dopo una necessaria e dolorosa selezione (anche se
alla fine di tale operazione il risultato è stato ancora un
“mattone” di circa 500 pagine!). Per fare questo, ho utilizzato
uno dei miei “post” più ironici e che nonostante ciò ritengo più
profondi, vale a dire l’AbbeceDario,
sorta di dizionario (s)ragionato sulla sindrome di Down e la
disabilità in genere, il cui titolo mette insieme scherzosamente
il significato originale del termine con il nome del mio
primogenito Dario,
la persona che per prima mi ha “costretto” a confrontarmi con
questa realtà. Ogni capitolo del libro inizia infatti con un
breve paragrafo che descrive tutti gli “attributi” (veri o
presunti tali) di un disabile che iniziano con quella lettera
dell’alfabeto, a cui seguono tre racconti
di vita (uno
per ogni figlio, perché i miei figli sono tre, i primi due con
diverse disabilità intellettive-relazionali casuali di
differente gravità, e l’ultima… diversamente “normale”) e un
paragrafo dedicato più alla condivisione di riflessioni intime…
intitolato Il
Pensatoio.
Per quanto riguarda la mia passione per la scrittura, devo dire
che pur avendo amato scrivere fin da giovane, l’“urgenza” di
trasformare i miei pensieri in parole scritte è esplosa
prepotentemente insieme all’intima necessità di mettere in
ordine sentimenti,
vissuti e piccoli episodi quotidiani e significativi che
hanno caratterizzato la mia esperienza di padre. Perché un libro,
specie se di questo genere, si scrive prima di tutto per sé… e
solo poi anche per gli altri. Per raccontar loro che oltre al
dolore, alla fatica, alle difficoltà che sicuramente
accompagnano la vita di un figlio disabile e della sua famiglia, c’è
di più… molto di più. C’è
innanzitutto la coscienza che vivere da disabile o con un
disabile si può… e c’è la consapevolezza di un’umanità preziosa
che spesso non viene valorizzata solo per paura, mancata
conoscenza, imbarazzo. Raccontandomi come genitore, ho cercato
di gettare un piccolo ponte tra due mondi che spesso
comunicano troppo poco e male…affinché
la conoscenza reciproca li potesse avvicinare un po’ di più. Con
crudele onestà, ma anche con serenità e un po’ di sana e
doverosa autoironia, indispensabile e abituale compagnia di
tante famiglie che si trovano a vivere in questo mondo un po’
particolare».
Ha venduto oltre mille copie, ha ottenuto tanti
riconoscimenti e premi. Quante emozioni ha provato?
«L’emozione più grande, unica, quella che “non ha prezzo” – per
fare il verso a una nota pubblicità -, è quella di rendersi
conto, attraverso il feedback dei lettori, che con i tuoi
scritti sei riuscito a trasmettere
emozioni, a stabilire un rapporto
empatico con tante persone. E l’hai fatto raccontando storie di
vita vissuta, reali, non “costruite” a tavolino per generare
risposte emotive, ma instaurando una sorta di dialogo, solo
apparentemente “a senso unico” con chi si confronta con la tua
esperienza e il tuo vissuto. Perché un libro non è fatto solo da
chi lo scrive, ma anche da
chi lo legge… mai
uguale a se stesso.
I premi hanno un’importanza relativa, in quanto a parte
l’indubbia soddisfazione personale – sarebbe sciocco negarlo –
valgono essenzialmente per la visibilità aggiuntiva che danno al
libro, permettendo di riflesso una sua diffusione più ampia e
capillare. Per raggiungere più persone possibili, con il suo
messaggio comunque positivo e contribuire a creare un mondopiù
a misura di disabile. In questo
senso il numero di copie vendute ha anche una seconda valenza:
tutto il ricavato derivante dai diritti d’autore, infatti, è
destinato a tre associazioni che si occupano a vario titolo di
disabilità intellettiva-relazionale.
Per favorire la massima diffusione possibile, inoltre, il libro
è disponibile anche
in versione digitale su
tutti i maggiori negozi online, in formato adatto ai principali
reader presenti sul mercato (ePUB, MOBI)».
È stato difficile affrontare temi tanto delicati,
come la sessualità e la fede?
«Solo parzialmente. Perché quando un argomento specifico ha un
ruolo importante in un tema generale, deve comunque essere
discusso. E i due argomenti in questione, indubbiamente, sono in
diverso modo entrambi fondamentali nell’approccio
che una persona ha nei confronti della disabilità, quella vera,
non edulcorata, con la quale bisogna “fare i conti”. E così i
tabù (sbagliati), le inibizioni e anche la naturale e giusta
riservatezza passano in secondo piano.
In fondo, entrambi gli argomenti hanno a che fare col piano
della “relazione”.
Verso i propri simili, e verso Dio. E l’uomo è un’animale
relazionale. Non si può prescindere quindi dal parlare di questi
temi, in un modo o nell’altro, anche parlando di disabilità. E
bisogna farlo con onestà e naturalezza, guardando ad esempio
alle loro esigenze sessuali, siano esse istintive e/o affettive,
come al naturale desiderio di pienezza di umanità che c’è in
ognuno di noi, e che in ognuno di noi trova forme e modi
differenti per esprimersi. Fino a poco tempo fa, ad esempio, si
pensava che le persone Down non fossero capaci di sentimenti… niente
di più falso. E la dimensione
affettiva della sessualità è una realtà oggi sempre più presente
e riconosciuta nella loro realtà, ma va accompagnata a maggiore attenzione,
professionalità e delicatezza,
senza atteggiamenti “rivendicatori” che affermando
un’uguaglianza che di fatto non esiste… diano per scontato il
diritto ad una sessualità “normale”‘. Questo vale sia per ciò
che riguarda la sessualità che si esprime attraverso la
corporeità, che quella “progettuale” (il desiderio di sposarsi,
formare una famiglia, fare figli).
Ovviamente tutto questo, nel caso della disabilità
intellettivo-relazionale, deve necessariamente confrontarsi con
il concetto di responsabilità, di coscienza dei propri pregi e
limiti, della capacità o meno di “prendersi cura di” e così via.
Ma è un cammino possibile
e doveroso, in cui ogni persona,
con l’aiuto della famiglia, di una società priva di pregiudizi e
di persone professionalmente capaci e preparate ad accompagnarli
in questo cammino delicato ma bellissimo, può trovare un suo
personale equilibrio e un proprio modo di realizzare la propria
sessualità possibile. Senza preclusioni e pregiudizi, ma anche
senza forzature.
Valentina Minutoli, “Idillio”, 2010,
particolare dell’opera utilizzata nella copertina di “Come
aquiloni… o quasi”
Per quanto poi riguarda la Fede,
che potrebbe anche essere considerata un aspetto privato e
intimo della persona, io credo che comunque abbia anche una dimensione
“pubblica” importante, quella che
costringe a porsi interrogativi importanti, sia alla persona con
disabilità che ai suoi genitori; domande che hanno a che fare
con il “perché”, il “perché a me”, gli inevitabili e
imperscrutabili sensi di colpa, e di come tutto ciò si riassuma
nel senso che si dà alla propria e altrui esistenza, e al
significato concreto delle parole “destino”, “caso”, “disegno”.
Nessuno può sottrarsi a queste domande, figuriamoci se può farlo
un genitore di due figli disabili!».
Grazie alle analisi prenatali, molte donne che scoprono di
aspettare un figlio con sindrome di Down decidono di abortire.
Manca il coraggio di affrontare una vita da genitori disabili?
La scelta deriva da aspetti culturali e sociali? Nel libro
scrive di quando Dario parlava davanti ad un pubblico, dando
indicazioni precise a chi stava aspettando un figlio Down. E
troviamo uno spunto di riflessione anche nell’Abbecedario alla
lettera N
“Nati”.
Quali sono le principali difficoltà per un genitore che si trova
davanti a una scelta così pesante?
«È un dato di fatto e la riprova è che se una volta i figli Down
nascevano da coppie anziane – visto l’aumento del rischio di
concepimento di bambini con questa anomalia cromosomica
proporzionale all’età della madre – al giorno d’oggi nascono
quasi esclusivamente da coppie
giovani, tanto giovani da non
rientrare nemmeno nel protocollo di “diagnostica preventiva”
previsto per le madri oltre l’età considerata statisticamente a
rischio. Questo vuol dire che in caso di diagnosi “positiva” (che
paradosso il termine, eh?!) alla sindrome di Down, più del90% delle
coppie decide di abortire. Le persone Down che nascono sono
quindi quasi sempre “sorprese” riservate a coppie giovani e
inconsapevoli (queste cose capitano sempre “agli altri”!),
oppure a coppie che decidono di non correre il rischio di
quell’1% di mortalità del feto conseguente ad amniocentesi o a
prelievo dei villi coriali e di non sottoporsi allo screening
diagnostico.
Se un giorno avessimo la disponibilità di strumenti diagnostici
più affidabili e non invasivi, da applicare a tappeto a tutte le
gravidanze, senza rischi per il nascituro, la tendenza potrebbe
quindi essere quella… all’”estinzione” delle persone con
Sindrome di Down, “traguardo di civiltà” sbandierato già da
alcuni Paesi del Nord Europa, come raggiungibile in breve tempo,
con definizioni crudelmente asettiche come Down-free
Country e
similari.
Ma sicuramente in moltissimi casi la scelta di non mettere al
mondo un figlio con la sindrome di Down (o anche con molte altre
malformazioni, la natura è molto fantasiosa in questo!) è spesso
dettata dalla paura,
associata alla non
conoscenza e
al profondo senso
di solitudine in
cui due genitori vedono trasformarsi in un attimo i loro sogni e
progetti futuri, l’“immagine” ideale e perciò non vera che si
erano costruiti del proprio figlio. Una maggiore e più corretta
informazione al momento della comunicazione della diagnosi
prenatale, insieme a una rete
di supporto che
senza troppi discorsi mostri ai futuri potenziali genitori la
realtà concreta di famiglie che vivono una vita “possibile” e
“tentativamente” serena, come fanno tutti, sicuramente
porterebbe a risultati diversi, e se non altro a scelte
più consapevoli.
Ecco, il problema è proprio che le persone sono costrette a
scegliere, spesso senza alcuna consapevolezza, da sole, e in
pochissimo tempo. E questo mediamente (perché le eccezioni ci
sono!) non può che portare a una decisione sola.
Della “terza
via”, poi, nessuno parla mai, ma
anche questa è una scelta possibile: il non riconoscimento del
proprio figlio, che quindi viene dato in
adozione. Ci sono veramente tante
famiglie disponibili ad accogliere bambini con la sindrome di
Down, a riprova che una scelta consapevole può comunque portare
a soluzioni “diverse”.
Certo, le difficoltà sempre più emergenti nel settore del
welfare attuale, specie nel nostro Paese (pure all’avanguardia
per quanto riguarda il piano legislativo nel campo specifico
della disabilità!), non aiutano a scegliere di… complicarsi la
vita (perché questo sicuramente comporta, inutile negarlo, la
presenza di una persona con disabilità all’interno del nucleo
familiare). Ma per richiamare quanto è scritto nella sua
domanda, riguardo all’AbbeceDarioalla
lettera N
“Nati” e
al parere di Dario sulla propria vita, provate a chiedere a una
persona Down se è felice di esistere. Che risposta vi immaginate
di poter ricevere?!».
Quanto incide
il fatto che manchi un sufficiente supporto sociale ai genitori
che percepiscono la nascita di un figlio disabile come una
tragedia? Per esempio, come valuta l’integrazione, soprattutto
nelle scuole?
«È il problema principale, come scrivevo poco sopra. Lo è già
ancor prima della nascita. “Metterò al mondo un infelice?”, si
domanda il genitore…, “sarà deriso ed emarginato da tutti?”…,
“non potrà condurre una vita autonoma e sociale?”. Tutte domande
lecite e che si radicano profondamente in una realtà certo non
semplice, ma che verrebbero moltissimo ridimensionate, a fronte
di una conoscenza più approfondita del mondo della disabilità.
Ricordiamoci sempre – non mi stancherò mai di dirlo! – che in
Italia abbiamo la legislazione più
avanzata d’Europa e del mondo in
termini di integrazione, a partire dall’integrazione scolastica,
per arrivare a quella lavorativa. È nelle cosiddette “buone
prassi” che poi “cadiamo” miseramente, e quindi è in questa
direzione che devono essere fatti i maggiori sforzi. Dalla carta…
ai fatti. E tuttavia, ciò non
toglie che culturalmente, in teoria, siamo molto evoluti come
spinta ideale (cos’è una Legge se non questo?). Dobbiamo solo
fare in modo che questa spinta ideale si trasformi in scelte
concrete, in mentalità comune, in buone abitudini.
Se l’integrazione nella scuola non “gira”, è solo per colpa
della scarsità e dell’inadeguatezza delle risorse, economiche e
umane. Certo, siamo in periodo di crisi, e tutti devono
“subire”, figuriamoci chi “costa” tanto… come un disabile (lo
diceva anche un piccoletto in uniforme con degli strani baffetti
e una croce uncinata sul braccio non molti anni fa!), ma
ricordiamoci sempre che il grado di civiltà di una Società si
misura proprio sulla sua capacità di tutelare
e proteggere i suoi membri più deboli.
Far circolare queste idee per cercare di cambiare la mentalità
corrente è una responsabilità cui noi genitori disabili non
possiamo sottrarci. Anche per questo Come
aquiloni… o quasiesiste».
Ci sono
ormai tantissime associazioni per famiglie con figli disabili e
su internet troviamo anche dei forum di discussione, di incontro
e di condivisione delle proprie esperienze. Anche lei ha
pubblicato dei contenuti in questi siti, uno fra tutti il già
citato Pianeta Down di cui fa parte. Cosa ne pensa di questa
rete virtuale di confronto?
«Le associazioni hanno avuto negli anni passati – e hanno
tuttora – un’importanza fondamentale nel
fornire supporto sul territorio, nell’indicare possibilità di
assistenza, nell’unire i genitori, dando loro quella “massa
critica” spesso necessaria ad ottenere quanto meno di “farsi
ascoltare”, di far emergere bisogni e di far sorgere iniziative
e soluzioni per venire incontro ad essi. E questa è ormai una
prassi consolidata anche se non si può mai considerarla come
“scontata”.
Ma
internet e i forum di discussione hanno avuto il potere
dirompente di permettere la diffusione e la condivisione delle
emozioni, cosa resa molto più facile dal dialogo con persone
“reali” sì, ma protette in un certo senso dallo schermo di un
personal computer, senza quell’imbarazzo… quel naturale pudore
che deriva dal contatto personale, visivo, fisico. La dimensione
emotiva è così stata più libera
di esprimersi, senza maschere,
senza finzioni di convenienza sociale, senza “buonismi”, e in
tanti si sono accorti di non essere soli, si sono riconciliati
con i sentimenti non proprio “positivi” e idilliaci che
provavano nei confronti dei loro figli, riuscendo così ad
aumentare la propria scarsa autostima e a trasformare anche
queste negatività in
risorsa, a servizio della
crescita dei figli. E questo a prescindere dalla territorialità,
unendo persone diverse per ceto, provenienza geografica e
sociale, cultura, nazionalità ecc. Perché in questo la Rete ha
lo stesso approccio alla realtà che ha la disabilità: sono
entrambe ineluttabilmente… “democratiche”. Un effetto, quindi, positivamente devastante.
Inviterei, in questo senso, a leggere (oltre naturalmente al
mio!…) anche il libro di Autori VariCome
pinguini nel deserto, che è proprio
la trasposizione senza modifiche dei thread [fili
di discussione, N.d.R.] più
significativi presenti nel già citato forum di discussionewww.pianetadown.org e
scritti tra il 2004 e il 2006. Può certamente servire ad
apprezzare quanto aiuto derivi dalla condivisione di sentimenti,
esperienze, realtà e vissuti».
Per la prima volta, nella storia di Special
Olympics,
il noto movimento internazionale sportivo di persone con
disabilità intellettiva e relazionale, un giocatore italiano[Massimiliano
Priolo,
N.d.R.] ha
partecipato dal 15 al 17 febbraio all’ All
Star Game NBA,
la lega professionistica statunitense del basket, a Houston, nel
Texas. Di fronte a questo evento – che ci sentiamo di definire
come un vero passo avanti per l’integrazione – può esprimere un
suo parere, come padre di Dario, campione paralimpico di nuoto,
impegnato anch’egli nelle gare Special Olympics?
«Lo spirito di Special Olympics, movimento nato negli Stati
Uniti negli Anni Sessanta, per favorire l’attività sportiva, e
con essa la crescita personale, l’autonomia e la piena
integrazione delle persone con disabilità intellettiva, è
veramente straordinario. Permette agli atleti di gareggiare
innanzitutto “tra pari”, quindi per una volta di confrontarsi in
una competizione (sportiva, ovvero metafora di tutte le
competizioni cui ognuno di noi è chiamato nella vita
quotidianamente) in cui non
sono perdenti in partenza.
Infatti, ogni batteria (in sport non di squadra, tipo nuoto, sci
ecc.) è composta da persone di simile abilità, a prescindere dal
tipo di disabilità, in modo che a fare la differenza siano
“veramente” l’impegno, l’allenamento e lo sforzo profuso durante
la gara. Questo insegna ai ragazzi che si può vincere, si può
perdere… ma che in fondo la vera differenza la fa il “dare
tutto”. Non a caso, il giuramento
che gli atleti Special Olympics pronunciano all’inizio di ogni
manifestazione è “Che io possa vincere, ma se non riuscissi, che
io possa tentare con tutte le mie forze”!
Il ritorno di autostima che deriva da questo “sano” agonismo –
che ha poco o nulla a che fare con il record, con la performance
estrema, ma che valorizza lo sport principalmente come strumento
di confronto con il “proprio” limite – è straordinario, e si
estende a tutti i campi della vita relazionale e sociale della
persona che ne beneficia.
A questo primo piano, se ne aggiunge poi un altro, altrettanto
importante, quello dello “sport
integrato”, dove atleti disabili
e atleti normodotati gareggiano fianco a fianco in discipline
generalmente di squadra, con regolamentazioni precise che non
lasciano nulla al caso. Inutile sottolineare quale immenso
valore possa avere una pratica sportiva come questa, al fine di
promuovere l’integrazione sociale!
Dario ha svolto attività sportiva in diverse discipline, nuoto,
sci, bocce, giungendo anche a partecipare ad alcune gare
internazionali (bellissima l’esperienza di incontro tra ragazzi
provenienti da tutto il mondo o da tutta Europa!), e ha avuto
anche l’onore di pronunciare il giuramento dell’atleta di fronte
a migliaia di persone, durante la Cerimonia di apertura dei
Giochi Nazionali, a Roma nel 2005. Ora non fa più attività
sportiva a livello agonistico, ma questa esperienza lo ha
formato nel fisico e nello spirito e sicuramente gli ha permesso
di crescere con più consapevolezza dei propri limiti e delle
proprie possibilità, credendo in esse».
Grazie al lavoro di tante associazioni e
volontari, grazie alle tante famiglie di genitori “speciali”,
grazie a coloro che come lei offrono un forte aiuto, si può
realmente diffondere una cultura diversa nei confronti della
disabilità?
«Se non credessi profondamente in questo, vana sarebbe ogni
parola, superflua ogni azione, così come inutile il mio libro e
ogni momento “speso” in varie associazioni, con diversi ruoli a
servizio di un cambiamento culturale che è l’unico vero
obiettivo di questo agire a volte apparentemente caotico, ma
sempre orientato a dare ai nostri figli – o a chi verrà dopo di
loro – le stesse possibilità di giocarsi la
propria umanità nel
mondo che ha chiunque altro. Ricordando quanta strada è stata
fatta da chi ci ha preceduto. Perché ognuno di noi fa parte di
un cammino, e questa coscienza aumenta la dignità di ogni
singolo gesto, teso a cambiare in meglio la cultura della
disabilità».
Quali sono le sue speranze, i suoi sogni per il
futuro, per i suoi figli?
«Dopo tante parole, questa è una domanda che trova
nell’incredibile semplicità e brevità della sua risposta la
dimostrazione dell’universalità dell’esperienza genitoriale.
Cosa spero e sogno per i miei figli? Una
vita serena, possibilmente
“piena” di affetti, “tentativamente” felice. Il resto… è solo
corollario».
Sta lavorando a un nuovo libro?
«In realtà non ancora, ma certo mi piacerebbe farlo, magari
stavolta più da “scrittore”, cioè inventando storie capaci di
trasmettere emozioni e idee, e aprire le menti. Mi piacerebbe
tanto provare a scrivere un romanzo breve, che avesse per
protagonista una persona con disabilità intellettiva-relazionale.
Vedremo se ne avrò il tempo e le capacità.
Ho notato con piacere che ultimamente diversi scrittori stanno
cominciando a confrontarsi
con questo tema e
la cosa mi rende felice, perché vuol dire che comunque la
disabilità “interessa”, coinvolge, non è più relegata a tabù, ma
inizia ad essere considerata come unarealtà
“normale” della vita, una cosa
che può capitare, a tutti. E perciò interessa tutti, non solo
chi ne è colpito più o meno direttamente.
Sarei felice di poter continuare a contribuire a questo processo
culturale attraverso la scrittura, che è uno strumento potente,
e forse il modo più efficace che ho a disposizione nelle mie
povere capacità».
Come aquiloni… o quasi si conclude
con una splendida poesia di auguri per tutti i nostri “Aquiloni”.
Può dedicarci ancora un “pensiero speciale” a conclusione di
questa intervista?
«Volentieri. Lo faccio proprio con la stessa poesia che è citata
nella domanda, in realtà una canzone, visto che così è stata
composta da me per dedicarla a Marco, nato quasi cinque anni fa,
figlio secondogenito di un’amica che si è solo “avvicinata” al
mondo della disabilità dopo un’ipotesi di diagnosi prenatale
rivelatasi poi fortunatamente infondata.
La canzone fa da contrappunto finale alle parole con cui il
libro inizia, che riporto qui di seguito: “‘I figli sono come
gli aquiloni, passi la vita a cercare di farli alzare da terra’
(E.Bombeck). Ma
non tutti i figli voleranno via… liberi e soli come è giusto che
sia. Alcuni si impiglieranno nei rami di un albero, altri,
troppo goffi e pesanti, o forse malcostruiti, a fatica si
alzeranno da terra per ricadere subito dopo voli brevi e
certamente non arditi, altri ancora magari riusciranno a volare…
ma non potranno mai ‘spezzare il filo’. La forza del genitore
sarà anche in quel caso quella di correre insieme a loro… magari
più piano, meno spesso, e alla fine, quando correre non avrà più
senso né scopo, sedersi ed abbracciarli, con la tenerezza di chi
sa di aver fatto solo ciò che un genitore ‘deve’ fare: amare il
proprio aquilone. (Alessandro Mosconi)”.
Ecco dunque la canzone, che è il mio augurio a tutti i genitori,
a tutti i bambini, a tutte le persone che hanno il coraggio e
l’allegra spudoratezza di amare la vita:
“L’aquilone –
Bambino mio ti voglio raccontare / di una storia che non hai
sentito ancora / Perciò apri orecchie e cuore questa sera, / a
questo mio canto che sembra una preghiera: / Ti ho donato la
vita, ma a che serve / se le mancherà la voglia di stupirsi… /
No, non dico oggi che per te ogni cosa è novità / ma se
l’abitudine ti invecchierà. / Ti ho donato poi un corpo ma che
importa / se userai della sua forza solamente / per restare il
primo, il più bello, e non per servire chi / ultimo, di forte e
bello non ha niente? / Ti ho donato anche un cuore ma perché /
se non danzerai al ritmo del suo battito… / No, non quello che
fa sì che il sangue scorra nelle vene, / Intendo il ritmo
quotidiano del coraggio. / Ti ho donato anche due braccia e poi
due gambe / per sbrigarti ad afferrare ciò che vuoi / ma non la
saggezza di guardarti dentro per scoprire / che con esse puoi
‘andare incontro’ e ‘dare’. / Bambino mio ti voglio raccontare /
di una storia che non hai vissuto ancora / Perciò apri orecchie
e cuore questa sera / a questo mio canto che si fa preghiera: /
Ti ho donato occhi, orecchie, naso e bocca / per godere di tutto
ciò che è bello / per sorridere e per piangere, ma spero anche
perché / siano sempre ‘porte’ aperte a tuo fratello. / Ti ho
donato poi un cervello ed una pancia / ma non l’armonia che può
legarle insieme. / Sì: ragione, istinto e calcolo, paura e
sentimento, / in un miracolo d’amore e libertà / Ti ho donato un
sesso, solamente uno / anche se lo scoprirai che sono due, /
perché (non adesso) possa un giorno innamorarti di… / di
qualcuno che non sia tu stesso… ma di più. / Poi da ultimo ti ho
dato anche una lingua; / Sì lo so che è ancora presto per
parlare… ma spero che tu impari a usare alcune semplici parole:
/ Grazie, scusa, ti perdono, aiuto, Amore / Dio buono so… per te
non è cosa nuova, / ma se esisti e come dicono tu sei, / prendi
in braccio il mio bambino e poi stasera / ascolta il canto di
questa mia preghiera… / E se vorrai, dagli ali per volare, /
come un aquilone libero nel vento / senza fili che lo tengano
legato… / a me… che soffrirò, felice del suo volo. / Bambino mio…”.
Mi rendo conto, rileggendo le mie risposte, di
essere stato forse un po’ “serioso-palloso” ;-), ma che dire? Le
domande erano troppo “importanti” per lasciarsi andare troppo
all’ironia. Ma non temete… il libro invece di
ironia ne è pieno, perché essa è
uno degli strumenti più efficaci che abbiamo per guardare a
situazioni apparentemente tragiche con sereno disincanto, e
sorridere alla vita!
Se non ci credete… andate a leggervi l’ormai “famoso” AbbeceDario,
nel sitowww.comeaquiloni.com dedicato
al libro, dove si troverà anche l’introduzione ad esso, il
trailer e alcuni tra i tanti giudizi dei Lettori che si sono
cimentati con il mio… “mattone”!
Grazie a Superando e in particolare a Laura Sandruvi, che mi
hanno offerto con professionalità e simpatia l’opportunità e lo
spazio per parlare un po’ del mio libro e di ciò che sta dietro
e dentro ad esso».
Tratto da www.superando.it/2013/03/12/come-aquiloni-o-quasi/
“Come aquiloni …o quasi” di Alessandro Mosconi – una
recensione di Sara Rattaro, scrittrice
"Ci sono mille motivi per leggere un libro e sono tutti ottimi. A
volte te li consigliano, altre li scegli. Poi ne trovi uno e ti
chiedi perchè proprio lui che non lascia traccia precisa di come sia
giunto a te. Lo inizi dopo poco, nonostante non sia breve, lo
termini. Poi ti accorgi di aver appena letto una storia vera e
questo ti fa bene e male nello stesso tempo come sanno fare solo le
bellissime storie difficili, dove nulla è lasciato al caso, dove
tutto ha senso.
"Come aquiloni....o quasi" è un bellissimo libro scritto da
Alessandro Mosconi. È la sua vita. È la sua straordinaria famiglia.
È lui.
Una storia da cui non sono riuscita ad allontanarmi perchè la mia
sensibilità a certi argomenti me l'ha impedito, costringendomi a
riflettere su quel "...o quasi" di cui io stessa ho scritto molto,
su cui mi faccio continue domande. Ma Alessandro è stato più bravo
di me a trovargli una definizione, a dargli un valore perchè ha
parlato di sè stesso per raccontarci i suoi figli, straordinari e
imperfetti come tutti i figli, come tutti noi.
Quante volte abbiamo creduto di non essere all'altezza e poi ci
siamo riusciti?
Ecco questo è un romanzo sul Riuscire a vivere una vita piena, a
trasformarla nella vita perfetta che avremmo sempre desiderato.
Questa è una storia che avrei voluto scrivere io
Sara Rattaro."
|
|
|
|
|